RCP Rianimazione Cardiopolmonare negli Adulti
La rianimazione cardiopolmonare è una risposta organizzata e sequenziale all’ arresto cardiaco che comprende
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Riconoscimento dell’assenza di respiro spontaneo e di polso
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Supporto vitale di base con le compressioni toraciche e le ventilazioni di soccorso
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Supporto vitale cardiaco avanzato con la gestione avanzata delle vie aeree e del ritmo cardiaco
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Trattamento dopo la rianimazione
L’immediato inizio dei massaggi cardiaci e la defibrillazione precoce (quando indicata) rappresentano le chiavi del successo. La velocità, l’efficienza e la corretta applicazione della rianimazione cardiopolmonare con meno interruzioni possibili sono determinanti essenziali per un esito favorevole; la rara eccezione è rappresentata dall’ipotermia profonda provocata dall’immersione in acqua fredda; in tal caso una rianimazione efficace può essere realizzata anche dopo un arresto cardiaco prolungato (fino a 60 min).
Panoramica sulla rianimazione cardiopolmonare
(Vedi anche the American Heart Association [AHA] 2020 guidelines for CPR and emergency cardiovascular care.)
Vengono seguite le linee guida per gli operatori sanitari dell’American Heart Association (vedi figura Assistenza cardiaca completa in emergenza nell’adulto). Se una persona collassa colpita da un possibile arresto cardiaco, il soccorritore deve per prima cosa verificare l’assenza di coscienza e confermare l’assenza di respiro spontaneo o la presenza di respiro agonico. Dopo il soccorritore chiede aiuto. Chiunque risponda alla richiesta di aiuto deve attivare il sistema di emergenza (o, all’interno dell’ospedale, personale qualificato per eseguire manovre rianimatorie) e, se possibile, farsi portare un defibrillatore.
Se nessuno risponde, il soccorritore dapprima attiva il sistema di emergenza, poi inizia il supporto vitale di base, effettuando 30 compressioni toraciche a una velocità da 100 a 120/minuto e a una profondità da 5 a 6 cm, permettendo alla parete toracica di tornare alla piena altezza tra le compressioni, quindi garantendo la pervietà delle vie aeree (sollevando il mento e inclinando indietro la fronte), ed erogando 2 ventilazioni di soccorso. Il ciclo di compressioni e ventilazioni va continuato (vedi tabella Tecniche di rianimazione cardiopolmonare per gli operatori sanitari) senza interruzione; preferibilmente ogni soccorritore viene sostituito ogni 2 minuti. È cruciale che anche i testimoni non addestrati inizino e continuino compressioni toraciche ininterrotte fino all’arrivo dei soccorsi qualificati. Pertanto, molti operatori di servizi di risposta alle emergenze attualmente forniscono istruzioni prima dell’arrivo ai chiamanti, comprese le istruzioni telefoniche per la rianimazione cardiopolmonare con solo compressioni.
All’arrivo del defibrillatore (manuale o automatico), in caso di fibrillazione ventricolare o di tachicardia ventricolare senza polso, si eroga uno shock non sincronizzato (vedi anche Defibrillazione). Se l’arresto cardiaco è testimoniato e un defibrillatore è immediatamente disponibile, una persona in fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare deve essere immediatamente defibrillata, con compressioni immediatamente riprese dopo lo shock; la defibrillazione precoce può convertire prontamente fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare senza polso ottenendo un ritmo in grado di ripristinare il circolo. Se il ritmo iniziale è un’attività elettrica senza polso o un’asistolia, una dose iniziale di adrenalina 1 mg EV/IO (endovenosa/intraossea) deve essere somministrata il più presto possibile dopo il riconoscimento dell’arresto cardiaco.
Assistenza cardiaca completa in emergenza nell’adulto
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*Se è disponibile un numero adeguato di personale qualificato, la valutazione del paziente, la rianimazione cardiopolmonare e l’attivazione del sistema di risposta all’emergenza devono avvenire simultaneamente. |
Based on the 2020 American Heart Association Guidelines for Cardiopulmonary Resuscitation and Emergency Cardiovascular Care. |
Le tecniche utilizzate nella rianimazione cardiopolmonare di base con 1 e 2 soccorritori sono elencate nella Tabella Tecniche di rianimazione cardiopolmonare per gli operatori sanitari. La padronanza nell’esecuzione viene acquisita al meglio con un addestramento pratico come quello fornito negli Stati Uniti sotto gli auspici dell’American Heart Association (1-800-AHA-USA1) o da organizzazioni corrispondenti in altri paesi. |
Vie aeree e ventilazione
L’apertura delle vie aeree è una priorità secondaria (vedi Disostruzione e apertura delle vie aeree superiori) dopo aver iniziato le compressioni toraciche. Per un arresto cardiaco extraospedaliero con un ritmo defibrillabile iniziale, è accettabile fornire l’ossigenazione passiva per i primi 6 minuti, come parte di un pacchetto di servizi medici di emergenza volto a ridurre al minimo le pause della rianimazione cardiopolmonare e della defibrillazione iniziale. Per le tecniche di rianimazione nei bambini, vedi tabella Guida alla rianimazione pediatrica, Interventi meccanici.
Per gli operatori sanitari, la ventilazione con maschera dotata di pallone con valvola deve essere avviata il più presto possibile, ma ciò non deve ritardare l’inizio delle compressioni o la defibrillazione. I soccorritori non professionisti addestrati per la rianimazione cardiopolmonare possono eseguire respiri di soccorso erogati bocca a bocca (adulti, adolescenti e bambini) o combinati bocca a bocca e naso (neonati). Se disponibile si può inserire una cannula orofaringea per mantenere la pervietà delle vie aeree durante la ventilazione con maschera. La pressione sulla cartilagine cricoide non è raccomandata.
Se si verifica una distensione addominale, si ricontrolla la pervietà delle vie aeree e si riduce la quantità di aria erogata durante la ventilazione di soccorso. Il posizionamento di un sondino nasogastrico per eliminare la distensione gastrica va effettuato solo dopo che si è reso disponibile l’occorrente per l’aspirazione in quanto durante l’inserimento si può verificare vomito con inalazione del contenuto gastrico. Se la distensione gastrica marcata interferisce con la ventilazione prima della disponibilità dell’aspirazione e non può essere risolta con i metodi descritti sopra, si posiziona il paziente sul fianco, si comprime l’epigastrio e si puliscono le vie aeree.
In presenza di soccorritori qualificati si mette in atto la gestione avanzata delle vie aeree (tubo endotracheale o via aerea sopraglottica) senza interrompere le compressioni toraciche dopo la rianimazione cardiopolmonare e i tentativi di defibrillazione iniziali, e come descritto nella sezione Stabilimento e controllo delle vie aeree. Si pratica un’insufflazione ogni 6 secondi (10 atti/min) senza interrompere le compressioni toraciche negli adulti; ai neonati e ai bambini vengono somministrati respiri ogni 2-3 secondi (20-30 respiri/min). Tuttavia, le compressioni toraciche e la defibrillazione hanno la precedenza sull’intubazione endotracheale. A meno che i soccorritori possiedano una grande esperienza, l’intubazione endotracheale può essere ritardata a favore di una ventilazione con maschera dotata di pallone con valvola, di una maschera laringea o di un dispositivo simile.
Per i pazienti sospettati di avere il COVID-19, l’American Heart Association ha rilasciato un algoritmo di rianimazione cardiopolmonare rivisto (1), che consiglia quanto segue:
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Iniziale ossigenazione passiva
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Preferenza per l’intubazione endotracheale rispetto alla ventilazione con maschera dotata di pallone con valvola o posizionamento di vie aeree sopraglottiche
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Intubazione precoce
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Uso di un filtro virale su dispositivi o ventilatori con valvola a sacco
Questa guida mira a ridurre il rischio per gli operatori sanitari che forniscono assistenza durante un arresto cardiaco.
Riferimento relativo alle vie aeree e della ventilazione
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1. Edelson DP, Sasson C, Chan PS, et al; American Heart Association ECC Interim COVID Guidance Authors: Interim Guidance for Basic and Advanced Life Support in Adults, Children, and Neonates With Suspected or Confirmed COVID-19: From the Emergency Cardiovascular Care Committee and Get With The Guidelines-Resuscitation Adult and Pediatric Task Forces of the American Heart Association. Circulation. 141(25):e933–e943, 2020. doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.120.047463
Circolazione
Compressioni toraciche
Le compressioni toraciche devono essere iniziate immediatamente al riconoscimento di un arresto cardiaco ed eseguite con interruzioni minime fino a quando è disponibile un defibrillatore. In un paziente privo di coscienza il cui collasso è avvenuto senza testimoni, il soccorritore addestrato deve iniziare immediatamente i massaggi cardiaci esterni (a torace chiuso), e successivamente effettuare le ventilazioni di soccorso. Le compressioni toraciche non devono essere interrotte per > 10 secondi in ogni momento (p. es., per l’intubazione, per la defibrillazione, per l’analisi del ritmo, per il posizionamento di un catetere EV centrale o per il trasporto). Un ciclo di compressioni toraciche deve essere costituito da 50% di compressione e il 50% di rilascio; durante la fase di rilascio, è importante che si permetta il ritorno completo del torace. L’interpretazione del ritmo e la defibrillazione (se appropriata) vengono eseguite non appena è disponibile un defibrillatore.
La profondità di compressione toracica consigliata per gli adulti è circa tra i 5 e i 6 cm. Idealmente, il massaggio cardiaco esterno produce un polso rilevabile a ogni compressione, anche se la portata cardiaca raggiunge soltanto il 20-30% del normale. Tuttavia, la palpazione dei polsi durante il massaggio cardiaco è difficile, anche per personale esperto, e risulta spesso inattendibile. Il monitoraggio quantitativo del diossido di carbonio di fine espirazione fornisce una stima migliore della portata cardiaca durante i massaggi cardiaci; i pazienti con una perfusione inadeguata hanno uno scarso ritorno venoso ai polmoni e pertanto un basso diossido di carbonio di fine espirazione (come fanno quelli con iperventilazione). Mentre ci sono prove limitate che supportano numeri specifici nel monitoraggio fisiologico, è generalmente accettato che un livello di CO2 di fine espirazione di 10-20 mmHg sia associato a un’adeguata rianimazione cardiopolmonare. Un improvviso e significativo aumento del livello di CO2 di fine espirazione, di solito a un valore superiore a 30 mmHg, o un polso palpabile durante la pausa nelle compressioni, indica il ripristino della circolazione spontanea.
Sono disponibili dispositivi meccanici per effettuare le compressioni toraciche; questi dispositivi sono efficaci quanto le compressioni manuali eseguite correttamente e possono ridurre al minimo gli effetti dell’errore di prestazione e della fatica. Essi possono essere particolarmente utili in alcune circostanze, come durante il trasporto del paziente o nel laboratorio per il cateterismo cardiaco.
Il massaggio cardiaco a torace aperto può risultare efficace, ma viene utilizzato solo per pazienti con traumi toracici penetranti, nel recente postoperatorio di interventi cardiochirurgici (ossia, entro 48 h), in caso di tamponamento cardiaco e in special modo in caso di arresto cardiaco in sala operatoria, quando il torace del paziente è già aperto. Tuttavia, eseguire una toracotomia richiede addestramento ed esperienza e fornisce i migliori risultati soltanto in presenza di queste limitate indicazioni.
Complicanze del massaggio cardiaco
Una complicanza frequente è il vomito con conseguente inalazione del contenuto gastrico, che provoca in questi pazienti una polmonite ab ingestis che può risultare fatale.
Il distacco costocondrale e le fratture costali spesso non si possono evitare poiché è importante comprimere il torace abbastanza da produrre un flusso ematico sufficiente. Le fratture sono piuttosto rare nei bambini grazie alla flessibilità della parete toracica. Raramente sono stati riportati casi di embolia grassosa a partenza dal midollo osseo dopo massaggio cardiaco esterno, ma non vi è alcuna chiara evidenza che questa complicanza incida sulla mortalità. Le lesioni polmonari sono rare, ma si può verificare uno pneumotorace in caso di frattura costale penetrante. Lo pneumotorace iperteso deve essere preso in considerazione in un paziente che ha raggiunto il ritorno della circolazione spontanea dopo una rianimazione cardiopolmonare prolungata, e successivamente diventa difficile da ventilare, o che è ipossico e improvvisamente subisce un nuovo arresto. È altamente improbabile che si verifichino lesioni miocardiche a causa del massaggio cardiaco, con possibili eccezioni in caso di aneurisma ventricolare preesistente. Il timore di provocare tali lesioni non deve dissuadere il soccorritore dall’esecuzione della rianimazione cardiopolmonare.
La lacerazione epatica è una complicanza rara ma potenzialmente grave (talora fatale) ed è provocata generalmente dalla compressione dell’addome al di sotto dello sterno. Anche la rottura dello stomaco (in particolare quando è disteso dalla presenza di aria) è una complicanza rara. La rottura subacuta della milza è molto rara.
Defibrillazione
Il ritmo più comune nell’arresto cardiaco testimoniato nell’adulto è la fibrillazione ventricolare; è essenziale un rapido ripristino di un ritmo che permetta la ripresa del circolo. La tachicardia ventricolare senza polso va trattata come la fibrillazione ventricolare.
Una defibrillazione è l’unico intervento per un arresto cardiaco, al di là di una rianimazione cardiopolmonare di alta qualità, che ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza; tuttavia, il successo della defibrillazione dipende dal tempo, con una percentuale di successo che si riduce di circa il 10% per ogni minuto trascorso dall’esordio della fibrillazione ventricolare (o tachicardia ventricolare senza polso). I defibrillatori automatici esterni consentono anche a soccorritori poco addestrati di trattare una tachicardia ventricolare o fibrillazione ventricolare. Il loro utilizzo da parte dei soccorritori di primo intervento (polizia e vigili del fuoco) e la loro disponibilità di primo piano in luoghi pubblici hanno incrementato la probabilità di successo della rianimazione.
Le piastre del defibrillatore o gli elettrodi adesivi vanno posizionati o tra la clavicola e il secondo spazio intercostale lungo il margine sternale destro e sul 5o o 6o spazio intercostale all’apice del cuore (sulla linea ascellare media). In alternativa, i 2 tamponi possono essere posizionati con un tampone sull’emitorace anteriore sinistro e l’altro tampone sull’emitorace posteriore sinistro. Le piastre dei defibrillatori convenzionali sono raramente presenti sui defibrillatori moderni. Quando presenti, le piastre vanno utilizzate con un gel conduttore; le piastre adesive del DAE sono già dotate di gel conduttore. Si consiglia uno shock iniziale non appena viene rilevato un ritmo defibrillabile, dopo di che le compressioni toraciche vengono immediatamente ripristinate. Il livello di energia per i defibrillatori bifasici è compreso tra 150 e 200 joule (2 joule/kg nei bambini) per lo shock iniziale; i defibrillatori monofasici vanno utilizzati a 360 joule per lo shock iniziale. Il ritmo dopo lo shock non va controllato se non dopo 2 minuti di massaggi cardiaci. Shock successivi vengono erogati a un’energia uguale o superiore (massimo 360 joule negli adulti, o 10 joule/kg nei bambini). Nei pazienti che rimangono in fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare è necessario proseguire il massaggio cardiaco, la ventilazione e la terapia farmacologica eventuale.
Monitoraggio e terapia EV
Si avvia il monitoraggio ECG per identificare il ritmo cardiaco del paziente. Si può posizionare un accesso venoso periferico; il posizionamento di 2 cateteri venosi periferici riduce il rischio di perdere l’accesso EV durante la rianimazione cardiopolmonare. Vanno utilizzati preferenzialmente cateteri con ampio lume che vanno posizionati nelle vene anticubitali. Negli adulti e nei bambini, se non è possibile ottenere un accesso venoso periferico, si può posizionare un accesso venoso centrale per via succlavia o femorale (vedi Procedura) a patto di non interrompere il massaggio cardiaco durante la manovra (cosa spesso difficile). Il catetere intraosseo (vedi Infusione intraossea) è l’alternativa preferita, specialmente nei bambini, in quanto può essere posizionato rapidamente per evitare ritardi nella somministrazione della prima dose di adrenalina. I cateteri venosi femorali (vedi Procedura) sono un’opzione perché la rianimazione cardiopolmonare non ha bisogno di essere interrotta e presentano minori possibilità di complicanze fatali; tuttavia, il posizionamento può avere minori probabilità di successo per l’impossibilità di utilizzare il polso arterioso femorale come repere per l’inserimento.
Il tipo e la dose di liquidi o di farmaci somministrati dipendono dalle circostanze cliniche. Generalmente, si infonde soluzione fisiologica allo 0,9% EV lentamente (a una velocità di infusione sufficiente a mantenere pervia la via venosa); un’infusione di liquidi ad alti volumi (soluzioni di cristalloidi e di colloidi o sangue) è necessaria solo quando l’arresto è secondario ad ipovolemia (vedi Rianimazione con liquidi endovenosi) o come parte della gestione dello shock cardiogeno dopo il ripristino della circolazione spontanea.
Circostanze particolari
In caso di folgorazione accidentale, i soccorritori devono essere certi che il paziente non sia più a contatto con la fonte di energia elettrica per evitare di essere essi stessi folgorati. L’uso di strumenti non metallici e l’assicurazione di un contatto a terra del soccorritore permettono di spostare il paziente in maniera sicura allontanandolo dalla sorgente di energia elettrica prima di iniziare la rianimazione cardiopolmonare.
In caso di annegamento, la ventilazione di soccorso può essere iniziata in acque poco profonde, anche se probabilmente non è possibile praticare efficacemente il massaggio cardiaco finché il paziente non si trova in posizione orizzontale su una superficie rigida.
Qualora l’arresto cardiaco faccia seguito a una lesione traumatica, la massima priorità va data all’apertura delle vie aeree e a un breve periodo di ventilazione esterna dopo la pulizia delle stesse in quanto l’ostruzione delle vie aeree è la causa trattabile più probabile dell’arresto. Se si sospetta una lesione del rachide cervicale, viene sublussata solo la mascella, senza inclinare la testa o sollevare il mento. Altre cause di arresto cardiaco traumatico che permettono la sopravvivenza comprendono il tamponamento cardiaco e lo pneumotorace iperteso in cui la decompressione immediata mediante un ago è in grado di garantire la sopravvivenza. Tuttavia, la maggior parte dei pazienti con arresto cardiaco traumatico presenta una grave ipovolemia a causa della perdita di sangue (in questo caso il massaggio cardiaco può essere inefficace) o lesioni cerebrali che non permettono la sopravvivenza.
Farmaci per il supporto vitale cardiaco avanzato
Nonostante l’uso diffuso e invalso negli anni, nessun farmaco da solo o in associazione ha dimostrato chiara efficacia nell’aumentare neurologicamente intatta la sopravvivenza alla dimissione ospedaliera in pazienti con arresto cardiaco. Alcuni farmaci sembrano in effetti aumentare la probabilità di ripresa di un circolo spontaneo e quindi possono essere ragionevolmente somministrati (per il dosaggio, incluso quello pediatrico, vedi tabella Rianimazione con liquidi endovenosi). La terapia farmacologica per lo shock e per l’arresto cardiaco è oggetto di continue ricerche.
In un paziente con un accesso venoso periferico, la somministrazione del farmaco deve essere seguita da un bolo di lavaggio (liquidi EV “a massima velocità” negli adulti; da 3 a 5 mL nei bambini) per far pervenire il farmaco nella circolazione centrale. Nei pazienti privi di accesso venoso o intraosseo, quando indicati, si possono somministrare naloxone, atropina, e adrenalina attraverso il tubo endotracheale a dosi maggiori di 2-2,5 volte rispetto alla dose EV. Durante la somministrazione di un farmaco attraverso il tubo endotracheale, la compressione toracica va brevemente interrotta.
Farmaci di prima linea
Il principale farmaco di prima linea utilizzato nell’arresto cardiaco è
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Adrenalina
L’adrenalina 1 mg EV/IO deve essere somministrata il più presto possibile ai pazienti con un ritmo iniziale non defibrillabile e può essere ripetuta ogni 3-5 minuti. Deve essere somministrata precocemente in ritmi non defribillabili, poiché recenti evidenze suggeriscono che la sopravvivenza è aumentata quando viene somministrata nei primi 5 minuti di rianimazione, o per tachicardia ventricolare o per fibrillazione ventricolare refrattarie a due shock. L’adrenalina possiede un effetto misto sia alfa- che beta-adrenergico. Gli effetti alfa-adrenergici possono aumentare la pressione diastolica coronarica, incrementando pertanto la perfusione subendocardica durante il massaggio cardiaco. L’adrenalina aumenta anche la probabilità di una defibrillazione efficace. Tuttavia, gli effetti beta-adrenergici possono risultare dannosi poiché aumentano le richieste di ossigeno (soprattutto a livello del miocardio) e provocano vasodilatazione. L’iniezione intracardiaca di adrenalina non è raccomandata in quanto, oltre a richiedere l’interruzione del massaggio cardiaco, può determinare pneumotorace, lacerazione delle coronarie e tamponamento cardiaco.
Si può somministrare amiodarone di 300 mg una volta al dosaggio se al terzo tentativo di defibrillazione inefficace dopo somministrazione di adrenalina, seguita da 1 dose di 150 mg. Può essere utile anche in caso di recidiva di tachicardia ventricolare o fibrillazione ventricolare, dopo una defibrillazione efficace; una dose inferiore va somministrata in 10 min, seguita poi da un’infusione continua. Non vi è alcuna prova convincente che esso migliori la sopravvivenza alla dimissione. La lidocaina è un antiaritmico alternativo all’amiodarone, con una dose iniziale da 1 a 1,5 mg/kg, seguita da una seconda dose da 0,5 a 0,75 mg/kg.
Una singola dose di vasopressina di 40 unità, che ha una durata di azione di 40 min, è un’alternativa all’adrenalina (solo negli adulti). Tuttavia, non è più efficace dell’adrenalina e pertanto non è più raccomandato come farmaco di prima scelta nelle linee guida dell’American Heart Association. Tuttavia, nel caso improbabile di una mancanza di adrenalina durante la rianimazione cardiopolmonare, la vasopressina può sostituirla.
Altri farmaci
Una gamma di farmaci aggiuntivi può essere utile in contesti specifici.
Il solfato di atropina è un farmaco parasimpaticolitico che aumenta la frequenza cardiaca e migliora la conduzione attraverso il nodo atrioventricolare. Va somministrato in caso di bradiaritmie sintomatiche e di blocco atrioventricolare avanzato a livello del nodo atrioventricolare. Non è più raccomandato in caso di asistolia o attività elettrica senza polso.
Il cloruro di Ca è indicato nei pazienti con iperkaliemia, ipermagnesiemia, ipocalcemia o intossicazione da calcio-antagonisti. In altri pazienti, poiché il calcio intracellulare è già a concentrazioni superiori alla norma, è probabile che un ulteriore apporto risulti dannoso. Poiché l’arresto cardiaco nei pazienti sottoposti a emodialisi è spesso conseguenza dell’iperkaliemia o si associa a essa, questi soggetti potrebbero trarre beneficio dall’utilizzo empirico di calcio quando non è possibile misurare la potassiemia al letto del paziente. Bisogna essere cauti poiché il calcio aggrava l’intossicazione da digitale e può causare un arresto cardiaco.
La lidocaina è attualmente raccomandata come alternativa all’amiodarone per la fibrillazione ventricolare o per la tachicardia ventricolare che non risponde alla defibrillazione e alla terapia di vasopressori iniziale con adrenalina. Può essere considerata anche dopo un ritorno alla circolazione spontanea dopo fibrillazione ventricolare o dopo tachicardia ventricolare (negli adulti) per prevenire la fibrillazione ventricolare o la tachicardia ventricolare recidivante.
Studi clinici randomizzati non hanno dimostrato che il solfato di magnesio migliori la prognosi. Tuttavia, può essere utile nei pazienti con torsione di punta o con deficit di magnesio noto o sospetto (ossia, alcolisti, pazienti con diarrea profusa).
La procainamide è un farmaco di 2a scelta per il trattamento della fibrillazione ventricolare o della tachicardia ventricolare refrattaria. Tuttavia, la procainamide non è raccomandata per l’arresto senza polso nei bambini e non è più raccomandata dalle linee guida dell’American Heart Association per il trattamento delle aritmie ventricolari post-arresto. Tuttavia, il Consiglio europeo per la rianimazione lo include come alternativa all’amiodarone nel trattamento della tachicardia ventricolare con polso negli adulti e in pediatria secondo le linee guida del 2021, in quanto alcuni studi hanno dimostrato un’associazione con una ridotta quantità di eventi avversi maggiori rispetto all’amiodarone.
La fenitoina può essere raramente utilizzata nel trattamento della tachicardia ventricolare, ma solo quando la tachicardia ventricolare sia dovuta ad intossicazione digitalica e siano refrattarie ad altri farmaci. Si somministra una dose di 50-100 mg/min ogni 5 minuti sino a miglioramento del ritmo, o fino a una dose totale di 20 mg/kg.
L’uso del NaHCO3 (bicarbonato di sodio) non è più raccomandato a meno che l’arresto cardiaco sia causato da iperkaliemia, acidosi metabolica grave, o sovradosaggio di antidepressivi triciclici. L’NaHCO3 (bicarbonato di sodio) deve essere preso in considerazione quando l’arresto cardiaco è prolungato (> 10 min); va somministrato soltanto in presenza di una buona ventilazione. Quando si utilizza il bicarbonato di sodio, bisogna monitorare la concentrazione di bicarbonato sierico o il deficit di base prima di avviare l’infusione e successivamente dopo ogni dose di 50 mEq (da 1 a 2 mEq/kg nei bambini).
Trattamento delle aritmie
La fibrillazione ventricolare o la tachicardia ventricolare senza polso vanno trattate con una defibrillazione preferibilmente con shock bifasico, il prima possibile dopo che tali ritmi sono identificati. Nonostante alcune prove di laboratorio contrarie, non è consigliabile ritardare la defibrillazione per somministrare un periodo di compressioni toraciche. La compressione toracica deve essere interrotta il meno possibile e per non più di 10 secondi alla volta per la defibrillazione. I livelli d’energia raccomandati per la defibrillazione sono: da 120 a 200 joule per defibrillatori bifasici e 360 joule per defibrillatori monofasici. Se questo trattamento non risulta efficace dopo 2 tentativi, si somministra 1 mg di adrenalina EV da ripetere ogni 3-5 min. La defibrillazione va ripetuta alla stessa energia o più alta 1-2 min dopo ogni somministrazione del farmaco. Se persiste la fibrillazione ventricolare, si somministrano 300 mg EV di amiodarone. Successivamente, in caso di recidiva della fibrillazione ventricolare/tachicardia ventricolare, si somministrano 150 mg seguiti dall’infusione di 1 mg/min per 6 h, poi 0,5 mg/min. I modelli attuali di defibrillatore automatico esterno hanno in dotazione un attenuatore pediatrico che riduce efficacemente l’energia fornita ai bambini. (Per i livelli di energia pediatrici, vedi Defibrillazione; per il dosaggio dei farmaci, vedi tabella Farmaci per la rianimazione.)
L’asistolia può essere simulata da un cattivo contatto o dalla disconnessione di un cavo; bisogna quindi controllare i cavi del monitor e osservare il ritmo in un’altra derivazione alternativa. Se l’asistolia è confermata, al paziente viene somministrata adrenalina 1 mg EV ripetuta da 3 a 5 minuti. La defibrillazione in presenza di asistolia manifesta (in quanto “potrebbe trattarsi di fibrillazione ventricolare a onde fini”) è sconsigliata, poiché le scariche possono danneggiare il cuore non perfuso.
Si definisce attività elettrica senza polso la presenza di un ritmo adeguato all’ECG in assenza di circolo. I pazienti con attività elettrica senza polso vanno trattati con adrenalina 1,0 mg EV ripetuta ogni 3-5 minuti, seguita da un’infusione di 500-1000 mL (20 mL/kg nei bambini) di soluzione fisiologica allo 0,9% se si sospetta ipovolemia. Il tamponamento cardiaco può provocare un’attività elettrica senza polso, ma questa condizione di solito si verifica in pazienti dopo toracotomia, con versamento pericardico noto o trauma toracico maggiore. In questi casi, vanno effettuate immediatamente una pericardiocentesi o una toracotomia (vedi figura Pericardiocentesi). Il tamponamento cardiaco raramente rappresenta una causa occulta di arresto cardiaco ma, se sospettato, può essere confermato con l’ecocardiografia o, se questa non è disponibile, con una pericardiocentesi.
Interruzione delle manovre rianimatorie
La rianimazione cardiopolmonare deve essere proseguita finché non si perviene a una stabilità cardiorespiratoria, non viene constatato il decesso o l’unico soccorritore disponibile non è fisicamente in grado di proseguire la rianimazione. Se si verifica un arresto cardiaco per ipotermia, la rianimazione cardiopolmonare deve essere continuata finché il corpo non è stato riscaldato a una temperatura di 34° C.
La decisione di interrompere la rianimazione è clinica, e bisogna prendere in considerazione la durata di arresto, l’età del paziente, e la prognosi delle condizioni di salute di base. La decisione è tipicamente presa quando il circolo spontaneo non è stato rianimazione cardiopolmonare e supporto vitale cardiaco avanzato. Nei pazienti intubati, il diossido di carbonio di fine espirazione (ETCO2) a livello < 10 mmHg è un segno prognostico negativo.
Trattamento post-arresto
Il ripristino della circolazione spontanea rappresenta solo un obiettivo intermedio della rianimazione. L’obiettivo finale è la sopravvivenza alla dimissione ospedaliera con una buona funzione neurologica, che viene raggiunta solo da una minoranza di pazienti con ritorno alla circolazione spontanea. Per massimizzare la probabilità di un buon esito, i medici devono fornire una buona terapia di supporto (p. es., gestire la pressione arteriosa, la temperatura e il ritmo cardiaco), e trattare le condizioni sottostanti, in particolare le sindromi coronariche acute.
L’assistenza post-rianimatoria comprende la mitigazione del danno da riperfusione che si verifica dopo il periodo di ischemia. L’assistenza post-rianimatoria deve iniziare immediatamente dopo che è stata determinata la circolazione spontanea. La somministrazione di ossigeno deve essere ridotta a una SpO2 del 94% per ridurre al minimo il danno iperossico ai polmoni. La velocità e il volume della ventilazione devono essere titolati a una lettura di diossido di carbonio di fine espirazione da 35 a 40 mmHg. Se tollerato, deve essere somministrato un bolo liquido, così come un’infusione di vasopressori.
Gli esami di laboratorio dopo la rianimazione comprendono l’emogasanalisi arteriosa, l’emocromo con formula ed esami ematochimici che comprendano gli elettroliti, la glicemia, l’azotemia, la creatinina e i marker di danno miocardico. (La creatinchinasi [CK] è solitamente elevata a causa dei danni provocati dalla rianimazione cardiopolmonare ai muscoli scheletrici; si preferiscono le troponine, meno probabilmente affetta da rianimazione cardiopolmonare o defibrillazione.) La pressione parziale di ossigeno arteriosa PaO2 deve essere mantenuta a valori normali (da 80 a 100 mmHg). L’ematocrito deve essere mantenuto a valori ≥ 30% (se si sospetta l’eziologia cardiaca), e la glicemia a valori di 140-180 mg/dL (7,7 a 9,9 mmol/L); gli elettroliti, in particolare la potassiemia, devono essere nel range di normalità.
Coronarografia
Quando indicato, l’angiografia coronarica deve essere eseguita in emergenza (piuttosto che successivamente durante il corso ospedaliero) in modo tale che, se è necessario un intervento coronarico percutaneo, ciò avvenga il prima possibile. La decisione di procedere al cateterismo cardiaco dopo la rianimazione per arresto cardiaco deve essere presa dal cardiologo interventista in base all’ECG, alla sua valutazione e alla prognosi del paziente. Tuttavia, le linee guida suggeriscono di fare un’angiografia di emergenza per i pazienti adulti nei quali si sospetta una causa cardiaca e per chi ha
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Sopraslivellamento del tratto ST, o nuovo blocco di branca sinistra sull’ECG
Alcuni ricercatori sostengono il libero uso del cateterismo cardiaco dopo il ripristino spontaneo della circolazione, eseguendo la procedura sulla maggior parte dei pazienti tranne in quelli in cui l’eziologia di natura cardiaca sia altamente improbabile (p. es., annegamento) o se vi siano controindicazioni (p. es., sanguinamento endocranico).
Supporto neurologico
Solo circa il 10% di tutti i sopravvissuti all’arresto cardiaco ha una buona funzionalità del sistema nervoso centrale (punteggio nella scala di classificazione della funzione cerebrale [CPC] punteggio di 1 o 2, vedi tabella Scala di classificazione della funzione cerebrale) alla dimissione ospedaliera. Un punteggio nella scala di classificazione della funzione cerebrale di 1 è indicativo di una buona performance cerebrale (il paziente è cosciente, vigile, in grado di lavorare ma può avere un lieve deficit neurologico o psicologico). Un punteggio nella scala di classificazione della funzione cerebrale di 2 è indicativo di una moderata performance cerebrale (il paziente è cosciente, in grado di svolgere le attività della vita quotidiana e di svolgere compiti semplici). Il danno cerebrale ipossico è il risultato di un danno ischemico e dell’edema cerebrale (vedi patofisiologia dell’arresto cardiaco). Sia il danno che il recupero possono evolvere in 48-72 h dopo la rianimazione.
Mantenere l’ossigenazione e la pressione di perfusione cerebrale (evitando l’iperventilazione, l’iperossia, l’ipossia, e l’ipotensione) può ridurre le complicanze cerebrali. Sia l’ipoglicemia che l’iperglicemia devono essere corrette in quanto possono danneggiare il cervello post-ischemico.
Negli adulti, la gestione della temperatura mirata (mantenendo la temperatura del corpo tra i 32 e 36° C) è consigliata per i pazienti che rimangono incoscienti dopo il recupero del circolo spontaneo (1, 2). Il raffreddamento inizia non appena c’è ripresa del circolo spontaneo. Le tecniche per indurre e mantenere l’ipotermia possono essere sia esterne che invasive. I metodi di raffreddamento esterni sono facili da applicare e vanno dall’utilizzo di impacchi di ghiaccio esterni a diversi dispositivi di raffreddamento esterni disponibili in commercio in grado di far circolare elevati volumi di acqua refrigerata sulla pelle. Per il raffreddamento interno, liquidi refrigerati EV (4° C) possono essere rapidamente infusi per abbassare la temperatura corporea, ma questo metodo può essere problematico in pazienti che non tollerano un grosso volume di liquidi aggiuntivi. Sono disponibili anche dispositivi di scambio termico esterno che fanno circolare soluzione fisiologica refrigerata in un catetere EV a permanenza usando un circuito chiuso in cui la soluzione fisiologica refrigerata circola attraverso il catetere e ritorna al dispositivo, piuttosto che nel paziente. Un altro metodo invasivo per il raffreddamento utilizza un dispositivo extracorporeo che recupera e raffredda il sangue all’esterno e lo restituisce alla circolazione centrale. Indipendentemente dal metodo scelto, l’obiettivo è raffreddare rapidamente il paziente e mantenere la temperatura interna tra 32 e 36° C per 24 ore dopo il ripristino della circolazione spontanea. Attualmente non ci sono prove che una temperatura specifica all’interno di questo intervallo sia superiore, ma è imperativo evitare l’ipertermia.
Numerosi trattamenti farmacologici, tra cui l’uso di sostanze che rimuovono i radicali liberi, gli antiossidanti, gli inibitori del glutammato e i calcio-antagonisti, possiedono un’efficacia teorica; molti si sono dimostrati efficaci nei modelli animali, ma nessuno ha confermato i risultati positivi negli studi sull’uomo.
Sostegno alla pressione arteriosa
Le raccomandazioni attuali sono di mantenere una pressione arteriosa media > 65 mmHg negli anziani e pressione arteriosa sistolica > 90 mmHg. Nei pazienti con ipertensione arteriosa nota, un obiettivo ragionevole è rappresentato da una pressione arteriosa sistolica inferiore di 30 mmHg ai valori pre-arresto. La misurazione cruenta mediante catetere intrarterioso della pressione arteriosa media è più accurata. L’utilizzo di un catetere di Swan-Ganz per il monitoraggio emodinamico è stato largamente abbandonato.
Il supporto della pressione arteriosa comprende
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Infusione di cristalloidi EV (soluzione fisiologica o di Ringer lattato)
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Farmaci inotropi o vasopressori con l’obiettivo di mantenere la pressione arteriosa sistolica di almeno 90 mmHg e la pressione arteriosa media di almeno 65 mmHg
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In rari casi, l’utilizzo del contropulsatore aortico
In pazienti con bassi valori di pressione arteriosa media e di pressione venosa centrale va effettuato un carico di liquidi EV con una soluzione fisiologica allo 0,9% infusa in boli di 250 mL ripetibili.
Sebbene l’uso di inotropi e vasopressori non abbia dimostrato un’efficacia nell’aumentare la sopravvivenza a lungo termine, in pazienti anziani con pressione arteriosa media moderatamente ridotta (70-80 mmHg) e pressione venosa centrale normale o elevata si può utilizzare l’infusione di un inotropo (p. es., dobutamina iniziando da 2-5 mcg/kg/min). L’amrinone o il milrinone sono alternative raramente utilizzate (vedi tabella Farmaci per la rianimazione).
Se questo trattamento non è efficace, può esser presa in considerazione la dopamina, che ha effetti inotropi e vasocostrittori. Farmaci alternativi sono l’adrenalina e la noradrenalina e la fenilefrina che possiedono effetti vasocostrittori periferici (vedi tabella Farmaci per la rianimazione). I farmaci vasoattivi, tuttavia, devono essere utilizzati alla dose minima necessaria per ottenere una pressione arteriosa media normale o solo lievemente ridotta poiché possono indurre un aumento delle resistenze vascolari e ridurre la perfusione degli organi, soprattutto nella circolazione mesenterica. Inoltre aumentano il lavoro cardiaco in un momento in cui la sua capacità è ridotta a causa della disfunzione miocardica post-arresto.
Se la pressione arteriosa media rimane < 70 mmHg in pazienti in cui si sospetta un infarto del miocardio deve essere preso in considerazione l’uso del contropulsatore aortico. I pazienti con pressione arteriosa media normale e pressione venosa centrale elevata possono migliorare con una terapia inotropa o riducendo il postcarico con l’uso di nitroprussiato o nitroglicerina.
La contropulsazione aortica può supportare il circolo in condizioni di bassa gittata dovuta a deficit di pompa del ventricolo sinistro refrattario alla terapia farmacologica. Si effettua introducendo, per via percutanea o mediante arteriotomia, un catetere con palloncino attraverso l’arteria femorale e posizionandolo per via retrograda nell’aorta toracica appena distalmente all’emergenza dell’arteria succlavia sinistra. Il palloncino si gonfia a ogni diastole, aumentando la perfusione coronarica e si sgonfia durante la sistole, riducendo il postcarico. Ha valore soprattutto come supporto transitorio quando la causa dello shock è potenzialmente correggibile mediante un intervento chirurgico o percutaneo (p. es., infarto del miocardio acuto con stenosi coronarica grave, insufficienza mitralica acuta, difetto del setto interventricolare [comunicazione interventricolare]).
Trattamento dopo trattamento dell’aritmia e ripristino della circolazione spontanea
Anche se la fibrillazione ventricolare o la tachicardia ventricolare possono recidivare dopo la rianimazione, la profilassi con farmaci antiaritmici non migliora la sopravvivenza e non è più utilizzata routinariamente. Tuttavia, i pazienti che presentano queste aritmie possono essere trattati con la procainamide, la lidocaina (vedi Altri farmaci) o l’amiodarone (vedi Farmaci di prima linea).
Dopo la rianimazione si manifestano spesso tachicardie sopraventricolari rapide a causa degli elevati livelli di catecolamine con effetto beta-adrenergico (sia endogene che esogene) che si associano all’arresto cardiaco e alla rianimazione. Queste aritmie devono essere trattate se gravi, prolungate o associate a ipotensione o segni di ischemia miocardica. Si somministra esmololo, per infusione EV, iniziando da 50 mcg/kg/min.
Nei pazienti che hanno subito un arresto secondario a fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare e non associato a infarto del miocardio acuto è indicato il posizionamento di un cardiovertitore-defibrillatore impiantabile. Gli attuali cardiovertitori-defibrillatori vengono impiantati in modo simile ai pacemaker e hanno derivazioni intracardiache e talora elettrodi sottocutanei. Essi possono individuare aritmie ed effettuare o una defibrillazione o una stimolazione cardiaca a seconda della necessità.
Riferimenti relativi al trattamento dopo la rianimazione
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1. Bernard SA, Gray TW, Buist MD, et al: Treatment of comatose survivors of out-of-hospital cardiac arrest with induced hypothermia. N Engl J Med 346:557–563, 2002. doi: 10.1056/NEJMoa003289
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2. Nielsen N, Wetterslev J, Cronberg T, et al: Targeted temperature management at 33°C versus 36°C after cardiac arrest. N Engl J Med 369:2197–2206, 2013. doi: 10.1056/NEJMoa1310519
Per ulteriori informazioni
A seguire vi sono risorse in lingua inglese che possono essere utili. Si noti che il Manuale non è responsabile per il contenuto di questa risorsa.
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American Heart Association 2020 CPR and ECC Guidelines: queste linee guida per la rianimazione cardiopolmonare e la terapia cardiovascolare di emergenza sono basate sulla revisione più recente della scienza, dei protocolli e dell’istruzione della rianimazione.