Monitoraggio della profondità dell’anestesia generale
Riassunto
Il monitoraggio della profondità dell’anestesia è un aspetto particolarmente importante dell’anestesia. Permette di decidere il tipo e la dose di anestetico somministrato in modo personalizzato per la procedura e per il paziente, secondo il principio dell’anestesia adattata. Quest’ultima dipende da molteplici parametri e si basa sia sulla componente ipnotica che su quella analgesica dell’anestesia. In effetti, il sovradosaggio e il sottodosaggio sono altrettanto pericolosi e devono essere evitati il più possibile. Prima di interrogarsi sulla scelta del monitoraggio, è opportuno scegliere la scala di valutazione tramite la scala Ramsay o la OAA/S (Observer’s Assessment of Alertness/Sedation Scale), entrambe oggetto di molti lavori. Anche se essenziale, il monitoraggio clinico è insufficiente. È quindi importante sviluppare tecniche paracliniche e utilizzarle quotidianamente nel monitoraggio della profondità dell’anestesia. La stragrande maggioranza degli agenti anestetici modifica i segnali elettrofisiologici corticali misurati dall’elettroencefalogramma (EEG). L’entropia e l’indice bispettrale (BIS) appaiono così come strumenti di monitoraggio risultanti da un calcolo automatizzato dell’EEG. Il monitoraggio della profondità dell’anestesia, nelle sue due componenti, richiede quindi a priori due diversi approcci; un approccio corticale che ci permette l’EEG, e l’altro sottocorticale che si basa sulla misurazione delle risposte fisiologiche allo stress nocicettivo. Queste risposte, principalmente di origine autonomica, possono essere valutate quantificando l’attivazione simpatica periferica (conduttanza cutanea) o a destinazione vascolare, come il Surgical Stress Index (SSI), oppure quantificando l’attività parasimpatica cardiaca, l’Analgesia Nociception Index (ANI), o ancora mediante misurazione della conduttanza cutanea. Infine, recentemente, anche la misurazione del diametro pupillare appare come un approccio rilevante in questa valutazione. Recentemente, diversi algoritmi come il CARDEAN, l’indice cardiovascolare di analgesia basato sulle variazioni della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca, o l’indice NoL, uno strumento multiparametrico, sono stati anch’essi descritti come potenziali strumenti per il monitoraggio dell’analgesia. A causa dell’immaturità cerebrale del cervello del bambino, la valutazione di ciascuno di questi diversi strumenti comporta alcune particolarità pediatriche di cui tenere conto nel loro utilizzo.
Introduzione
L’anestesia è una scienza che esiste dal 1850 e in effetti il monitoraggio della profondità dell’anestesia esiste da allora. Questo monitoraggio è indispensabile, perché la gamma di dosi di anestetici e analgesici è ampia; dipendono sia dal paziente (età, comorbilità) sia dalla procedura chirurgica, che può portare a un sovradosaggio o a un sottodosaggio.
Tuttavia, il sovradosaggio e il sottodosaggio devono essere evitati, perché introducono una propria morbilità. Il sovradosaggio è potenzialmente responsabile di complicanze emodinamiche e persino neurologiche. Può così prolungare la durata del risveglio e generare inutili costi aggiuntivi. Il sottodosaggio, d’altra parte, può interferire con la procedura chirurgica. Infatti, in caso di mancanza di anestesia e analgesia, si possono osservare reazioni motorie secondarie a uno stimolo doloroso. Il sottodosaggio può anche generare memorizzazione con, a medio termine, uno stato di stress post-traumatico nel paziente insufficientemente addormentato.
Prima di tutto, è necessario definire cos’è un buon strumento di monitoraggio dell’anestesia. Il professionista si aspetta infatti che questo strumento sia affidabile, specifico, discriminante e riproducibile da un paziente all’altro e da una situazione all’altra, che possibilmente consenta la titolazione e che sia il meno invasivo possibile. Si desiderano anche la sua facilità di installazione e di utilizzo e la sua robustezza.
Da qui l’importanza di sviluppare strategie di monitoraggio clinico e paraclinico per la profondità dell’anestesia e dell’analgesia con un approccio multimodale. Ma soprattutto è necessario definire la nozione di anestesia generale (AG) adattata.
Nozione di anestesia generale adattata
L’anestesia generale è una forma di sedazione. Quest’ultima corrisponde a un continuum di stati di coscienza e di allerta, indotti dalla somministrazione di agenti farmacologici per via inalatoria o endovenosa, che vanno dall’ansiolisi con coscienza rispettata alla completa perdita di coscienza con assenza di responsività alla stimolazione, definendo così l’anestesia generale. Queste diverse fasi sono state descritte nel 2002 dall’American Society of Anesthesiologists [1].
Gli obiettivi della sedazione sono molteplici e variano in particolare a seconda del punto di vista del paziente, del chirurgo o dell’anestesista [2] (Fig. 1). Il paziente spesso desidera essere incosciente, non provare dolore e non memorizzare questo momento. Il chirurgo, dal canto suo, vuole il rilassamento muscolare ed evitare qualsiasi reazione motoria o neurovegetativa del paziente durante l’intervento che possa rendere difficoltoso l’atto chirurgico. L’anestesista, infine, condivide i desideri del paziente e del chirurgo, ma ha anche la preoccupazione di raggiungere questi obiettivi utilizzando dosi minime di agenti anestetici per la durata necessaria, limitando gli effetti indesiderati e controllando i ritardi di risveglio e i costi. Lo scopo dell’anestesia è quello di consentire l’esecuzione di un intervento chirurgico più o meno aggressivo in buone condizioni, evitando qualsiasi esperienza spiacevole, conscia o inconscia, da parte del paziente.
La scelta della profondità della sedazione è multifattoriale. Infatti, come presentato nella Figura 2, essa dipende dal paziente, dalle sue comorbilità, dalla sua fragilità, dal chirurgo, dall’anestesista e dalla procedura chirurgica. Alcune procedure richiedono la cooperazione con il paziente e altre, al contrario, richiedono una rigida immobilizzazione.
Si presenta l’anestesia, schematicamente, come bivalente. La prima componente è la componente ipnotica, principalmente correlata all’effetto sui recettori neuronali corticali e sottocorticali GABAergici (acido γ-aminobutirrico [GABA]), con un potenziamento della trasmissione GABAergica, che permette al paziente di dormire senza esserne consapevole e senza memorizzare. Le vie principali sono probabilmente l’inibizione delle reti cortico-corticali e l’ansa talamocorticale. La seconda componente è l’analgesia, che permette di bloccare la trasmissione degli stimoli nocicettivi periferici alle strutture sottocorticali di integrazione cerebrale, permettendo così di evitare ogni risposta motoria o neurovegetativa e un’eventuale traccia mnemonica. Sfortunatamente, l’azione degli agenti anestetici è difficile da dicotomizzare in questo modo, in particolare perché si lavora con una cosiddetta anestesia bilanciata. In altre parole, alcuni ipnotici somministrati ad alte dosi possono esibire effetti sottocorticali o addirittura midollari, mimando l’analgesia, e certi morfinici somministrati ad alte dosi possono esibire degli effetti sedativi. La ketamina o il protossido di azoto (N2O), nel frattempo, agiscono sui recettori NMDA (acido N-metil-D-aspartico) antagonizzandosi, inibiscono i recettori nicotinici dell’acetilcolina e interagiscono con alcuni recettori oppioidi.
Perché monitorare la profondità dell’anestesia?
L’interesse di un adeguato monitoraggio durante l’anestesia è multiplo, anche se l’obiettivo principale è quello di ridurre la morbilità. In primo luogo, si vuole prevenire il verificarsi di un possibile sovradosaggio di agenti anestetici, con le sue conseguenze emodinamiche e respiratorie. In secondo luogo, anche il sottodosaggio può essere dannoso per il paziente, favorendo l’insorgenza di episodi di memorizzazione. Questi ultimi sono rari, ma appare comunque imperativo garantire che la loro prevalenza sia ridotta [3], [4], [5]. Infine, il terzo obiettivo di un adeguato monitoraggio in profondità dell’anestesia risiede nella riduzione dei costi proporzionale alla riduzione delle dosi utilizzate e indirettamente nella riduzione del tempo di risveglio ed eventualmente della durata della degenza.
Purtroppo, attualmente, nessuno strumento di monitoraggio, clinico o paraclinico, consente una valutazione affidabile al 100% della profondità dell’anestesia; da qui la necessità di un monitoraggio multimodale.
Quale scala di sedazione scegliere?
La scelta della scala di sedazione utilizzata nella pratica clinica è una vera e propria questione che, nonostante i numerosi lavori svolti sull’argomento, non è ancora risolta e rimane di attualità. Ci sono molte scale in letteratura. Presentiamo qui solo alcune tra le più utilizzate nella pratica clinica e nella ricerca. Ogni scala permette così di graduare il livello di addormentamento del paziente, da “perfettamente sveglio” a “totalmente addormentato”.
Scala di Ramsay
Inizialmente, la scala di Ramsay è stata sviluppata nel 1974 per i pazienti in terapia intensiva [6]. Come presentato nella Tabella 1, comprende, nella sua versione iniziale, sei stadi. Purtroppo è poco sensibile per rilevare situazioni estreme di profondità della sedazione (eccesso o insufficienza): lo stadio 1 corrisponde più all’agitazione che alla sedazione e quindi è poco adatto agli obiettivi della sedazione per un intervento chirurgico. Questa scala è stata modificata (Tabella 2) per quantificare meglio il grado di sedazione moderata [7]. È questa versione che ora viene utilizzata più spesso nel contesto dell’anestesia.
Tabella 1. Scala di Ramsey.
1 | Paziente ansioso o agitato |
---|---|
2 | Paziente collaborativo, orientato, calmo |
3 | Paziente sonnolento che risponde a un comando verbale |
4 | Paziente addormentato che risponde al tatto o alla stimolazione sonora |
5 | Paziente addormentato che risponde debolmente al tatto o alla stimolazione sonora a |
6 | Assenza di risposta alla stimolazione |
- a
-
La stimulation tactile est une percussion légère de la glabelle. La stimulation sonore est bruyante (claquement des mains, cris dans l’oreille, etc.).
Tabella 2. Scala di Ramsay modificata.
1 | Sveglio e vigile; funzioni cognitive quasi normali |
---|---|
2 | Sveglio e tranquillo; risposta appropriata al comando verbale |
3 | Addormentato ma facilmente risvegliabile; risposta adattata al comando verbale |
4 | Addormentato; risvegliabile al comando verbale “forte” o alla percussione glabellare |
5 | Addormentato; risposta lenta alla stimolazione sonora forte o alla percussione glabellare |
6 | Addormentato; risposta lenta, ma adattata alla stimolazione del dolore |
7 | Addormentato; risposta riflessa, non adattata alla stimolazione dolorosa |
8 | Assenza di risposta a qualsiasi stimolo esterno |
Scala Observer’s Assessment of Alertness/Sedation (OAA/S)
La scala OAA/S è la scala spesso descritta come riferimento perché è quella validata meglio. Nell’articolo iniziale di Chernik et al., è stata sviluppata per consentire la valutazione dell’effetto ipnotico degli agenti e in particolare del midazolam [8]. Sfortunatamente, è difficile da usare di routine. Questa scala si basa su quattro categorie: reattività, parola, espressione facciale e occhi (Tabella 3). Alcuni utilizzano questa scala valutando tutti gli item, ottenendo così un punteggio compreso tra 1 e 20 [9]. Un valore superiore a 10 punti corrisponde a un livello di sedazione moderato o lieve. La soglia di risposta adattata al comando per il 50% dei pazienti è compresa tra 12 e 13. Tuttavia, dal momento che lo stesso dato può corrispondere a situazioni cliniche diverse, l’utilizzo di questa scala, di difficile interpretazione, è di scarsa rilevanza.
Tabella 3. Scala Observer’s Assessment of Alertness/Sedation (OAAS).
Reattività a | Parola b | Espressioni facciali | Occhi | Punteggio |
---|---|---|---|---|
Normale risposta alla stimolazione vocale | Normale | Normale | Aperti | 5 |
Risposta letargica alla stimolazione vocale | Leggermente rallentata | Rilascio moderato | Parzialmente chiusi | 4 |
Risposta a stimoli vocali forti o ripetitivi | Molto lenta | Rilascio pronunciato | Chiusi | 3 |
Risposta solo dopo stimolazione pronunciata (agitazione) | Parole irriconoscibili | – | – | 2 |
Assenza di risposta alla stimolazione pronunciata (scossa) | – | – | – | 1 |
Per ciascuna delle quattro categorie, deve essere scelta la migliore descrizione delle condizioni del paziente. La risposta alla stimolazione deve essere valutata per prima. Il punteggio complessivo è il punteggio ottenuto per uno dei quattro item che risulterà il più basso. Per esempio, se gli elementi “reattività” ed “espressione facciale” sono valutati rispettivamente 4 e 5, mentre l’elemento “parlare” è valutato 2, il punteggio OAAS complessivo sarà 2.
- a
-
Stimulation vocale par le nom du patient, d’abord à intensité normale. En l’absence de réponse, l’intensité vocale est augmentée. En l’absence de réponse, le patient doit être stimulé physiquement par une secousse.
- b
-
On demande au patient de répéter une phrase complexe.
Infatti la scala OAA/S è stata modificata (MOAA/S), con la sola categoria “reattività” della versione iniziale. Inoltre, per quantificare meglio la sedazione profonda, è stato aggiunto l’item “mancanza di reattività al pizzico del trapezio” [10]. È questa scala che è attualmente la più utilizzata (Tabella 4).
Tabella 4. Scala Modified Observer’s Assessment of Alertness/Sedation (MOAAS).
5 | Risposta normale alla stimolazione vocale; voce normale |
---|---|
4 | Risposta letargica alla stimolazione vocale; voce normale |
3 | Risposta solo se stimolazione vocale forte o ripetitiva |
2 | Risposta solo dopo stimolazione meccanica (agitazione) |
1 | Assenza di risposta alla scossa; risposta solo dopo stimolazione dolorosa (pizzico del trapezio) |
0 | Assenza di risposta al pizzico del trapezio |
Monitoraggio clinico
Il monitoraggio dell’anestesia è apparso contemporaneamente all’anestesia. È stato adattato al tipo di anestesia utilizzato, vale a dire per inalazione. Storicamente, Guédel ha descritto nel 1920 quattro fasi per l’anestesia inalata con etere o cloroformio (Fig. 3). L’arrivo degli agenti per via endovenosa ha reso questa classificazione obsoleta aggirando tre dei quattro stadi di Guédel. Allo stadio 1, il paziente è sedato e ha un’amnesia troppo lieve per un intervento chirurgico. Si osserva, allo stadio 2, detto di eccitazione, la scomparsa dei movimenti oculari e dei riflessi ciliari, corneali e faringolaringei. Le pupille sono in midriasi allo stadio 2 ma in miosi allo stadio 3, detto chirurgico. La fase 4 era considerata un’overdose mai raggiunta; associa l’assenza di ventilazione spontanea, una midriasi areattiva e spesso un collasso cardiovascolare. Questa ben nota classificazione ha guidato l’apprendimento e la pratica di generazioni di anestesisti che somministravano etere, ciclopropano o cloroformio. Il suo uso è stato limitato negli anni ’40 dalla comparsa della curarizzazione, che bloccava così la maggior parte dei segni di Guédel, a parte il diametro pupillare; contemporaneamente, sono stati pubblicati diversi casi di overdose, che suggeriscono così un nesso causale. Lo sviluppo e l’uso di ipnotici per via endovenosa e di oppioidi hanno portato a considerare l’AG non più come un singolo processo che evolve in fasi ben individualizzate, ma come un insieme di effetti farmacologici, ciascuno dei quali può essere controllato indipendentemente da diversi farmaci.
Tre componenti dell’AG sono state distinte nel 1986 da Pinsker e poi da Prys-Roberts: paralisi, perdita di coscienza e attenuazione della risposta allo stress [11], con questa che può esprimersi somaticamente o vegetativamente. La risposta somatica può essere sensitiva (cosa che implica la consapevolezza del dolore) o motoria. La risposta motoria all’incisione cutanea è stata utilizzata per definire la concentrazione alveolare minima (CAM), che corrisponde alla concentrazione alla quale la risposta motoria all’incisione cutanea è inibita nel 50% dei pazienti. La concentrazione alveolare necessaria per la perdita di coscienza è pari a circa un terzo della CAM per tutti gli alogenati. La risposta vegetativa si esprime attraverso la ventilazione, l’emodinamica, la sudorazione e la risposta ormonale. Gli agenti anestetici possono agire su uno o più di questi effetti farmacologici e ciascun effetto può essere potenziato o inibito da specifici agonisti. Monitorare l’anestesia significa quindi monitorare ognuno di questi effetti farmacologici.
Purtroppo, l’utilizzo dei parametri clinici come strumenti per il monitoraggio della profondità dell’anestesia si è rivelato insufficiente in termini di sensibilità o specificità [12]. In effetti, molte situazioni o determinati trattamenti possono modificare alcuni di questi parametri e distorcere o falsificare la loro interpretazione (trattamento a lungo termine con betabloccanti e calcioantagonisti, contesto di stato di shock).
Perdita di coscienza
La perdita di coscienza di solito comporta la scomparsa della risposta verbale o l’esecuzione di ordini semplici. Fornisce alcune informazioni sulla memorizzazione perché richiede un’anestesia più profonda rispetto alla perdita della memorizzazione, vale a dire che un paziente che non risponde più ha buone probabilità di non avere una memorizzazione esplicita. Sfortunatamente, il monitoraggio della perdita di coscienza non consente di concludere se la sedazione sia stata adattata o meno. Infatti, un paziente che non risponde può aver ricevuto la dose minima necessaria o una dose molto più alta, se la sua tolleranza è buona, con in questo caso un costo del farmaco non necessario e un possibile ritardo nel risveglio. Infine, qualsiasi risposta richiede un’attività muscolare e questa valutazione in un paziente curarizzato sembra difficile.
Risposta agli stimoli nocicettivi
La stimolazione nocicettiva può, anche in un soggetto in anestesia generale, provocare movimenti involontari o qualsiasi reazione neurovegetativa come ipertensione o ipotensione, tachicardia o bradicardia, broncospasmo, sudorazione e lacrime. Queste manifestazioni sono importanti da tenere in considerazione perché possono favorire l’insorgenza di eventi cardiovascolari [13] o respiratori [14] seri.
Tuttavia, l’adattamento e la regolazione delle dosi di agenti anestetici solo sulla reattività clinica al dolore sembrano difficili nella pratica. Innanzitutto, perché non ci sono segni affidabili per prevedere che un paziente reagirà alla stimolazione anche prima che venga applicata; poi, altri disturbi possono essere all’origine di questi segni e, infine, alcuni segni clinici possono essere attenuati da trattamenti o situazioni come la reattività motoria inibita dai curari o l’emodinamica impattata dall’assunzione di betabloccanti, calcioantagonisti o un contesto di stato di shock.
Una risposta motoria o emodinamica a uno stimolo doloroso permette, anche se a posteriori, di correggere un livello inadeguato aumentando le dosi di agenti ipnotici o analgesici. Al fine di standardizzare queste pratiche, sono stati proposti diversi algoritmi decisionali, il più noto dei quali è il PRST (blood pressure heart rate sweating, tears), descritto da Evans e che combinava reattività emodinamica, sudorazione e lacrime. Sfortunatamente, questo punteggio non è utilizzabile nella pratica clinica [15].
Memorizzazione
La memorizzazione, o awareness with recall, può essere rilevata solo a posteriori, quando un paziente descrive, nella fase postoperatoria, eventi accaduti durante il periodo in cui avrebbe dovuto dormire. Sfortunatamente, questa memorizzazione può causare traumi psicologici per il paziente [16]. Può e deve essere prevenuta regolando le dosi degli agenti anestetici. Può essere collegata a un ricordo uditivo (rumore, conversazione) o tattile (pressione, incisione, dolore, bruciore) o a una sensazione di paralisi.
La memorizzazione comporta quindi l’associazione di tre fenomeni: un episodio di risveglio intraoperatorio in connessione con un’anestesia troppo leggera, la registrazione di questo ricordo nella propria memoria e il richiamo di questo ricordo, spontaneamente o su richiesta.
La maggior parte degli episodi di memorizzazione si verifica quando il paziente non riceve un ipnotico o lo riceve in dosi inferiori a quelle solitamente raccomandate. L’uso di dosi insufficienti può essere involontario o legato a un ritardo tra induzione endovenosa in bolo e mantenimento con alogenati, a una sospensione anticipata degli ipnotici rispetto alla curarizzazione (memorizzazione di uno stato di paralisi cosciente) o infine alla somministrazione volontaria di basse dosi in alcune pazienti cosiddetti fragili o in condizioni particolari (cardiochirurgia, taglio cesareo in anestesia generale, traumi multipli). Alcuni autori hanno addirittura avanzato l’ipotesi di varianti genetiche che potrebbero favorire il verificarsi di questi episodi, senza poterlo confermare [17].
È importante diagnosticare precocemente la memorizzazione nelle ore o nei giorni successivi all’intervento, al fine di limitarne la durata e l’emozione associata. È quindi consigliabile interrogare sistematicamente il paziente al suo risveglio. Liu et al. hanno proposto, nel 1991, un questionario per valutare la memorizzazione perinterventistica [18] (Tabella 5). Se la diagnosi viene fatta e i ricordi del paziente sono confermati da quelli dell’equipe di cura, è compito dell’anestesista che si è preso cura del paziente durante l’intervento spiegare le ragioni dell’episodio, rassicurarlo e anche metterlo in guardia dal rischio di recidiva durante la successiva anestesia.
Tabella 5. Questionario per la valutazione della memorizzazione intraoperatoria dopo anestesia generale (secondo Liu et al. [18]).
Domande | Empty Cell |
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Qual è l’ultima cosa che ricorda quando si addormenta? | |
Qual è il suo primo ricordo quando si sveglia? | |
Ha qualche ricordo o frammento di ricordo tra i due? | |
Ha sognato durante l’anestesia? | |
Qual è il pensiero più spiacevole del suo intervento? |
Monitoraggio farmacologico
Esiste una stretta relazione tra la concentrazione dell’agente anestetico nel sito dell’effetto, vale a dire nel sistema nervoso centrale, e il suo effetto clinico. Si ritiene che la concentrazione cerebrale si equilibri rapidamente con la concentrazione del sangue.
Il monitoraggio farmacologico si basa su un approccio matematico statistico al monitoraggio dell’anestesia: conoscere la concentrazione non misura il livello di anestesia del paziente ma permette di dedurre la probabilità che si trovi a un dato livello, sulla base dei dati di altri pazienti. La probabilità di perdita di coscienza aumenta con la concentrazione dell’ipnotico. Le soglie possono quindi essere definite. La “CAM-awake” è la concentrazione alveolare all’equilibrio per la quale il 50% dei pazienti è sveglio e il 50% incosciente. Durante l’anestesia con soli alogenati, è di circa lo 0,4% per l’isoflurano, del 2,3% per il desflurano e dello 0,7% per il sevoflurano. La sua controparte per gli agenti per via endovenosa è la concentrazione mediana efficace (EC50) al risveglio (concentrazione plasmatica all’equilibrio alla quale il 50% dei pazienti è cosciente e il 50% incosciente); per il propofol è di circa 2 μg/ml. Alcuni fattori sono in grado di ridurli, come l’età e la combinazione di un morfinico, di N2O o di una benzodiazepina. Gli ipnotici da soli non possono controllare la reattività al dolore e da qui la necessità di dosi più elevate. La CAM è tre volte la “CAM-awake” e la CAM detta CAM-BAR, che è la concentrazione necessaria per bloccare la reattività adrenergica, è ancora più alta: va da 1,2 a 1,5 CAM. Tuttavia, l’associazione di un oppioide con un ipnotico permette di controllare la reattività al dolore con dosi molto più basse di ipnotici [19]. È così possibile identificare coppie di concentrazioni adeguate per combinazioni ipnotico-morfinico.
Tuttavia, attualmente non è possibile misurare in tempo reale né la concentrazione ematica né quella cerebrale degli agenti anestetici, poiché il tempo di somministrazione è troppo lungo. La concentrazione di alogeni può essere stimata dalla frazione di fine espirazione, che riflette la concentrazione nel sangue, e si equilibra dopo un breve periodo di diffusione con la concentrazione nel sistema nervoso centrale. Per gli agenti endovenosi, le concentrazioni ematiche e cerebrali sono previste computazionalmente, sulla base di modelli farmacocinetici.
Strumenti per il monitoraggio della profondità dell’anestesia
Elettroencefalogramma
Un elettroencefalogramma (EEG) è una registrazione di tutte le attività elettrofisiologiche della corteccia cerebrale per mezzo di elettrodi di superficie. Il segnale raccolto è quello della somma delle attività neuronali e da qui l’assenza di un segnale periodico. L’EEG è alterato o modificato dallo stato di coscienza, quindi il suo monitoraggio potrebbe teoricamente monitorare direttamente la risposta neurologica agli agenti anestetici e spiegare la variazione intrinseca nella sensibilità agli anestetici. Sfortunatamente, nella realtà clinica, è difficile analizzare l’EEG e trasformarlo in uno strumento affidabile per monitorare la profondità dell’anestesia. Sono state infatti sviluppate diverse tecniche di acquisizione che vengono ora adottate in clinica.
Nel soggetto sveglio, l’ampiezza del segnale EEG va da 5 a 10 mV. Il segnale EEG viene raccolto utilizzando elettrodi (il più delle volte autoadesivi e monouso) applicati al cuoio capelluto. L’insieme comporta da due a quattro derivazioni, perché gli effetti degli agenti anestetici sono diffusi, anche se alcuni autori hanno descritto differenze tra le aree occipitali e frontali. La posizione degli elettrodi è descritta con una nomenclatura internazionale chiamata sistema 10-20 (Fig. 3). Le derivazioni possono essere bipolari (il segnale è la differenza tra un polo positivo e un polo negativo) o monopolari (il segnale proviene da un solo polo e il polo opposto è comune a tutte le derivazioni). Si parla allora di montaggio referenziale. Diversi montaggi sono classicamente descritti in letteratura:
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il gruppo frontomastoideo bipolare (Fp1-A1/Fp2-A2 o F3-A1/F4-A2);
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il montaggio referenziale frontocentrale (F3-Cz/F4-Cz);
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il montaggio referenziale parietocentrale (P3-Cz/P4-Cz);
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il montaggio referenziale frontotemporale (T3-Fz/T4-Fz).
Classicamente, il tracciato EEG cambia con la profondità dell’anestesia (Fig. 4): prima rallenta, poi si amplifica e si smorza; si osserva quindi una sincronizzazione dei segnali, con una diminuzione della casualità del segnale e un aumento della sua regolarizzazione [20]. Ciascuna di queste modificazioni può quindi essere oggetto di un’analisi: il rallentamento può essere studiato contando il numero di onde al secondo (analisi aperiodica, oggi non più utilizzata); la scomposizione del segnale secondo la frequenza delle onde che lo compongono è l’analisi spettrale; l’analisi bispettrale si concentra sulla sincronizzazione e l’entropia sulla prevedibilità.
Analisi spettrale
L’analisi spettrale si basa sul Fast Fourier Transform (FFT), che permette quindi la scomposizione matematica di frammenti del segnale in una somma di funzioni di diverse frequenze e tensioni. Si può così caratterizzare ogni curva sinusoidale attraverso una frequenza, un’ampiezza e la sua fase originaria, in altre parole il ritardo tra un tempo arbitrario 0 e il valore massimo del voltaggio. Da questa scomposizione, ogni frammento EEG può essere rappresentato dal suo spettro di frequenza, da cui vengono calcolati i seguenti parametri:
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il fronte di frequenza spettrale o FFS (spectral edge, o SE95), frequenza al di sotto della quale si concentra il 95% della potenza elettrica totale del tracciato;
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la frequenza mediana (FM o MPF o SE50), frequenza al di sotto della quale si concentra il 50% della potenza elettrica totale;
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la percentuale della potenza totale le cui frequenze sono superiori a 13 Hz (rapporto beta);
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la percentuale della potenza totale le cui frequenze sono inferiori a 4 Hz (rapporto delta).
Durante un’AG profonda, FFS, FM e il rapporto beta diminuiscono, mentre il rapporto delta aumenta. Tuttavia, per una sedazione lieve o durante un’induzione lenta, la maggior parte degli agenti ipnotici inizialmente attiva le frequenze veloci (con aumento di FFS, FM e rapporto beta).
Analisi bispettrale
L’analisi bispettrale viene eseguita in due fasi:
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-
fase 1: analisi FFT;
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fase 2: analisi a due a due delle sinusoidi costituenti lo spettro di frequenze e ricerca di una terza sinusoide, detta “armonica”, correlata alle altre due dalla sua fase all’origine; calcolo del grado di sincronizzazione di ciascun frammento mediante il rapporto tra il numero di armoniche e il numero di sinusoidi dello spettro. La sincronizzazione è prossima allo 0 nel soggetto sveglio e aumenta parallelamente all’approfondimento dell’anestesia.
Il BIS viene registrato utilizzando quattro elettrodi monouso: l’elettrodo 1 deve essere posizionato in alto sulla fronte, sulla linea mediana, l’elettrodo 4 (che rileva l’elettromiogramma [EMG]) sopra il sopracciglio e l’elettrodo 3 tra l’occhio e l’orecchio. Il BIS è un valore senza unità che combina non solo il grado di disorganizzazione del tracciato ma anche altri elementi EEG [21]:
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la percentuale delle frequenze cosiddette rapide beta;
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la percentuale del tracciato cosiddetto piatto;
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la percentuale del tracciato cosiddetto quasi piatto.
Il BIS varia da 100 (soggetto completamente sveglio) a 0 (tracciato completamente piatto o anestesia profonda). Un valore intorno a 50 è associato a una probabilità superiore al 95% di essere incosciente e di non avere alcuna memorizzazione esplicita del periodo operatorio.
I monitor BIS visualizzano anche:
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il rapporto di soppressione (che è > 0 solo in caso di anestesia molto profonda);
- •
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un indice di qualità del segnale (IQS) che stima la percentuale di tracciato riconosciuta come priva di artefatti. Se questo IQS è inferiore al 20%, il valore BIS non viene più visualizzato;
- •
-
la percentuale di frequenze rapide attribuite all’EMG. Quando questo rapporto è elevato, il valore di BIS può essere sovrastimato rispetto alla profondità effettiva dell’anestesia.
Il BIS è strettamente correlato alla concentrazione dell’ipnotico utilizzato (propofol, tiopentale o alogenato), anche se questa correlazione non è lineare su tutto il range dei valori di BIS [22], [23], [24]. Al risveglio, invece, bisogna raggiungere un BIS maggiore di 90 per avere più di una possibilità su due di memorizzare un evento. È il caso, per esempio, quando si hanno informazioni da annunciare al paziente e si vuole essere sicuri che si ricorderà di averle ricevute.
Il BIS è poco sensibile all’impregnazione di morfina e quindi non consente di prevedere la reazione a una stimolazione dolorosa prima della sua applicazione, a meno che questa reazione non sia impedita dal solo ipnotico, il che richiede una concentrazione molto più elevata (e un BIS inferiore) per garantire la perdita di coscienza. L’improvviso aumento del BIS dopo la stimolazione dolorosa può essere interpretato come un’analgesia insufficiente.
Diversi artefatti ad alta frequenza possono anche elevare artificialmente il BIS, come le coperte ad aria pulsata, le pompe per la circolazione extracorporea (CEC), l’elettrocauterizzazione, i dispositivi a radiofrequenza, alcuni endoscopi e così via. Inoltre, l’interpretazione del BIS è diversa quando si utilizza ketamina [25] o N2O [26]: infatti, questi due anestetici sembrano fornire un’AG accettabile ma per valori di BIS più elevati. Pertanto, in presenza di questi due agenti, l’uso del valore soglia di 50 può portare a sovradosaggi.
Il BIS è il primo indice per il quale era disponibile un monitor in anestesia e ha così permesso di mostrare l’interesse di stimare la profondità dell’anestesia per ridurre il consumo di agenti anestetici, per via sia endovenosa [27], [28], [29], [30] che volatile [31], [32], [33]. Alcuni autori hanno così dimostrato che l’uso di oppioidi permetteva di potenziare l’effetto sedativo degli ipnotici: la concentrazione di ipnotici necessaria per perdere coscienza si riduce dal 10% al 20% in presenza di oppioidi [34], [35], [36]. Il BIS consente quindi la stima permanente e non invasiva della componente anestetica ipnotica ed eventualmente associata a una stima della componente analgesica attraverso la sua reattività agli stimoli dolorosi. Il BIS è dunque uno strumento complementare al monitoraggio clinico tradizionale che comprende la pressione arteriosa (PA), la frequenza cardiaca (FC) e l’attività motoria. Si può, a partire da lì, definire una matrice di aiuto alle decisioni secondo dei parametri clinici (tachicardia o bradicardia, ipotensione o ipertensione arteriosa). Pertanto, è possibile eventualmente rilevare le situazioni di sovradosaggio [26], [37], [38], il che consente di accorciare i tempi di estubazione, di degenza e di passaggio in sala di sorveglianza postintervento (SSPI). Secondo alcuni autori, il BIS permette di ridurre il costo di alcune lunghe procedure [39], con questi risultati che sono stati confermati da diversi studi [30], [31], [33] e anche da alcune metanalisi [39], [40]. Inoltre, un indice BIS basso e una pressione arteriosa media bassa sono associati a un aumento della mortalità [41], [42], [43]. Alcuni studi rafforzano questa osservazione dimostrando che l’uso del BIS per guidare la profondità dell’anestesia permetteva di ridurre il numero di eventi ipotensivi e la necessità di ricorrere a un trattamento con vasopressori [27], [32] e da qui la costruzione di matrici decisionali basate su BIS ed emodinamica [44] (Tabella 6).
Tabella 6. Matrice di decisione in base al valore dell’indice bispettrale (BIS) e allo stato emodinamico (secondo Oliveira et al. [44]).
Empty Cell | Ipertensione/tachicardia | PA, FC normali | Ipotensione/bradicardia |
---|---|---|---|
BIS > 60 | Sottodosaggio | Sottodosaggio | Un altro problema? |
40 < BIS < 60 | Un altro problema? | Posizione ideale | Un altro problema? |
BIS < 40 | Un altro problema? | Overdose | Overdose |
PA: pressione arteriosa; FC: frequenza cardiaca.
La natura continua del BIS consente anche la diagnosi precoce della reattività nei pazienti con monitoraggio intermittente della pressione arteriosa. Per esempio, il BIS ha permesso di eliminare l’insorgenza di riacutizzazioni ipertensive durante l’endoscopia oto-rino-laringoiatrica (ORL) o di ridurre l’incidenza di movimenti intraoperatori durante un prelievo di ovociti effettuato con una titolazione di propofol [45].
Entropia
L’entropia permette di valutare e misurare il grado di disturbo del tracciato EEG, sapendo che il disturbo diminuisce con l’approfondimento dell’anestesia. Si misura con tre elettrodi: l’elettrodo 1 deve essere posizionato in cima alla fronte, sulla linea mediana, e l’elettrodo 3 tra l’occhio e l’orecchio. Si ottengono due parametri:
- •
-
l’entropia basale o SE, che analizza la stessa banda di frequenza del BIS (0,5-32 Hz) ed esclude come quest’ultimo le frequenze rapide;
- •
-
l’entropia reattiva o RE, che estende l’analisi alle frequenze rapide dell’EEG e dell’EMG (32-48 Hz).
Questo parametro inizialmente doveva essere più sensibile e in particolare in grado di guidare l’ipnosi o l’analgesia: la differenza RE – SE doveva quindi riflettere l’analgesia. In pratica, SE e RE aumentano durante la stimolazione dolorosa quando l’analgesia è insufficiente [46]. I due parametri variano da 100, nel soggetto sveglio, a 0 quando il tracciato è piatto, sapendo che RE è sempre maggiore di SE.
Si ritiene che un valore di SE intorno a 50 sia associato a una probabilità superiore al 95% di essere incosciente e di non avere una memorizzazione esplicita. L’entropia è inoltre caratterizzata da una finestra di calcolo variabile in funzione delle frequenze e tanto più lunga quanto più le frequenze sono lente e il sonno è profondo, cosa che migliora la sua reattività rispetto al BIS durante la sedazione leggera o il risveglio. Gli algoritmi per il calcolo del BIS e dell’entropia sono sufficientemente diversi affinché i valori del BIS e dell’entropia non siano estrapolati da un monitor all’altro.
Come il BIS, l’entropia è correlata alla concentrazione di ipnotico ed è poco sensibile all’impregnazione morfinica. Dopo la stimolazione dolorosa, l’aumento di RE è un parametro più sensibile di quello di SE, RE – SE o BIS per rilevare un’analgesia insufficiente. Purtroppo, come per il BIS, anche i valori di entropia possono essere distorti, il che può quindi alterarne l’interpretazione (elettrocauterizzazione o presenza di ketamina o N2O).
Potenziali evocati
Un potenziale evocato è una risposta elettrofisiologica a una stimolazione sensoriale. La scelta dello stimolo dipende dall’organo studiato. La maggior parte di queste risposte è totalmente o parzialmente abolita dagli agenti anestetici. I potenziali evocati uditivi (PEU) raccolti dopo stimolazione uditiva calibrata mediante analisi elettroencefalografica utilizzando elettrodi di superficie si sono dimostrati i più facilmente utilizzabili fino a oggi per il monitoraggio dell’anestesia. L’origine neurofisiologica delle risposte è attualmente ben nota. Si osserva infatti una vibrazione timpanica in risposta a un suono che viene trasmessa dagli ossicini dell’orecchio medio e trasformata in potenziale elettrico dalle cellule cocleari. Questo potenziale viaggia lungo le vie uditive, attraversando così il tronco encefalico, le strutture sottocorticali profonde, le cortecce uditive primarie e secondarie e infine le aree associative. Gli stimoli uditivi sono responsabili delle oscillazioni EEG che sono il risultato delle fluttuazioni del potenziale elettrico delle cellule corticali e sottocorticali. La raccolta dei PEU richiede un elettrodo mastoideo collegato a un elettrodo di riferimento frontale. La loro bassa ampiezza (pochi microvolt) li rende non rilevabili all’EEG grezzo. In effetti, il principale svantaggio di questa tecnica è che richiede la somma di diverse centinaia o addirittura di diverse migliaia di risposte, richiedendo diversi minuti. Come rappresentati nella Figura 5, sono riproduttivi e attualmente ben descritti.
Hanno tre componenti:
- •
-
una componente precoce (< 10 ms), riflesso del tronco encefalico (brainstem auditory evoked potentials [BAEP]) e delle strutture profonde, che varia poco con l’anestesia, identificata con numeri romani da I a VI;
- •
-
una componente intermedia, detta corticale precoce (15-80 ms dopo lo stimolo, midlatency auditory evoked potentials [MLAEP]), corrispondente all’arrivo del potenziale d’azione nella corteccia uditiva primaria, chiamata P per la sua parte positiva o N per la sua parte negativa, e contraddistinta da una lettera (per esempio, Pa, Nb). Le sue latenze si allungano e l’ampiezza dei picchi diminuisce parallelamente alla dose, fino alla completa scomparsa del segnale per diversi agenti anestetici o volatili come isoflurano, enflurano, tiopentale, etomidato e propofol;
- •
-
una componente tardiva (80-100 SM, long latency auditory evoked potentials [LAEP]) che rappresenta l’ingresso nelle aree associative, anch’esse poco modificate dagli agenti anestetici e la cui ampiezza può essere dose-dipendente.
Gli agenti anestetici volatili, come gli alogeni, il tiopentale, il propofol o l’etomidato, hanno tutti un’azione sui PEU ampiamente descritti in letteratura [47], [48], [49], [50], [51]. Prolungano la latenza dei BAEP (senza modificarne l’ampiezza) e allungano progressivamente quella dei MLAEP diminuendone l’ampiezza. Al contrario, i PEU sono poco modificati dalle benzodiazepine, dalla ketamina o dalla morfina. Tuttavia, altri fattori non farmacologici possono influenzare i PEU e devono quindi essere presi in considerazione, come l’età [52], [53], [54], il consumo di alcol, che deprime i PEALM [55], [56], o anche l’uso di tabacco [57], [58], [59], [60].
Una delle domande principali è sapere quali parametri dei PEU possono essere utilizzati nella pratica corrente. La misura delle latenze e delle ampiezze viene effettuata sulle registrazioni a posteriori; si tratta inoltre di un processo lento che non ne consente l’utilità nella pratica clinica corrente. La scelta delle impostazioni e l’interpretazione dei risultati richiedono una formazione specifica. Sono state quindi proposte diverse tecniche di analisi automatica. Tradizionalmente, le misurazioni dei PEU vengono eseguite dopo l’applicazione di uno stimolo uditivo a una frequenza lenta da 6 a 9 clic al secondo, in modo che l’onda di PEU corrispondente allo stimolo venga interrotta prima dello stimolo successivo (cosiddetto metodo della risposta transitoria). È anche possibile stimolare ad alta frequenza, in modo da sommare le risposte in situ e quindi da aumentare l’ampiezza della risposta rispetto all’EEG (metodo dello stato di equilibrio). La frequenza coerente (auditory steady-state response o ASSR) è l’ampiezza di risposta in un soggetto sveglio. È massima per una stimolazione di 35-40 Hz e quindi permette di seguire la perdita di coscienza [61]. Questa frequenza è ridotta dalla somministrazione di propofol o di isoflurano in proporzione alla dose utilizzata [62]. Sfortunatamente, questa tecnica di misura non è utilizzata nella pratica clinica. La risposta è espressa in μV, con valori compresi tra 0,2 e 0,4 μV nel soggetto sveglio e tra 0,05 e 0,1 μV nel soggetto incosciente. L’indice PEU è un indice sviluppato da un’equipe scozzese e basato sulla media per finestra temporale; il suo calcolo preciso non è stato reso disponibile [63]. È un valore senza unità che si distribuisce intorno a 80 nel soggetto sveglio e a 40 nel soggetto incosciente e che permette quindi di prevedere la perdita di coscienza [64], [65]. Sfortunatamente, questo metodo è disponibile solo su prototipi. Infine l’AEM® monitor è la tecnica che ha portato alla commercializzazione del primo dispositivo per misurare la profondità dell’ipnosi a partire da PEU tramite estrazione rapida mediante modellazione autoregressiva [66], [67], [68]. Il risultato è un indice senza unità (A-line Autoregressive Index o AAI), che va da 100 a 0, con valori di 85 nel soggetto sveglio e inferiori a 35 per una profondità di anestesia compatibile con un intervento chirurgico. È quindi correlato alla perdita di coscienza e alla profondità dell’anestesia.
In conclusione, i PEU sono un buon indicatore di perdita di coscienza e consentono anche il monitoraggio della profondità dell’anestesia. Sfortunatamente, la loro interpretazione richiede l’elaborazione matematica dei dati grezzi e una formazione specifica per la loro interpretazione. In effetti, i PEU sono utilizzati preferenzialmente nella ricerca e solo l’AAI è attualmente incluso nel monitoraggio al letto del paziente.
Attività dello sfintere esofageo inferiore
Si distingue tra tono spontaneo, poco attendibile, e tono indotto dello sfintere esofageo inferiore, un po’più sicuro [69]. I primi lavori erano incoraggianti e mostravano una relazione tra la concentrazione di alotano, i segni clinici del risveglio e l’attività dello sfintere esofageo inferiore [70]. Tuttavia, da allora, altri lavori hanno dimostrato che le variazioni non sono abbastanza riproducibili per poter proporre un valore soglia predittivo [71]. Inoltre, l’attività dello sfintere esofageo inferiore è dipendente dall’agente.
Tutti gli strumenti di monitoraggio dell’anestesia presentati sono riassunti nella Tabella 7.
Tabella 7. Strumenti di monitoraggio dell’anestesia.
Strumenti | Empty Cell | Empty Cell | Effetti dell’anestesia | Vantaggi | Inconvenienti |
---|---|---|---|---|---|
EEG | Registrazione di tutte le attività elettrofisiologiche della corteccia cerebrale mediante elettrodi di superficie. | ||||
Analisi spettrale | Fast Fourier Transform (o FFT): scomposizione matematica di frammenti di segnale | – FFS – FM – Rapporto beta – Rapporto delta |
– ↓ FFS, FM, rapporto beta – ↑ rapporto delta |
Monitoraggio continuo e non invasivo | |
Analisi bispettrale (BIS) | Analisi delle sinusoidi che costituiscono lo spettro di frequenza da 2 a 2 e ricerca di una 3 a sinusoide, detta “armonica” correlata alle altre 2 dalla sua fase all’origine, calcolo del grado di sincronizzazione | – Rapporto di soppressione – IQS – Percentuale di frequenze rapide attribuite all’EMG |
Il BIS varia da 100 (soggetto completamente sveglio) a 0 (tracciato completamente piatto o anestesia profonda). Un valore intorno a 50 è associato a una probabilità > 95% di essere incosciente e di non avere una memorizzazione esplicita del periodo operatorio | – Interesse di ridurre i rischi di sovradosaggio e di sottodosaggio – Stima permanente e non invasiva della profondità dell’anestesia |
Diversi artefatti ad alta frequenza: – coperte ad aria pulsata – pompe di circolazione extracorporea – elettrocauterizzazione – dispositivi di radiofrequenza, alcuni endoscopi ecc. – uso di ketamina o di N2O |
Entropia | Valutazione e misurazione del grado di disturbo del tracciato EEG | – SE – RE |
I 2 parametri variano da 100 nel soggetto sveglio a 0 quando il tracciato è piatto, sapendo che RE è sempre maggiore di SE | – Correlata alla concentrazione ipnotica e poco sensibile all’impregnazione di morfina – Misurazione non invasiva e continua |
Come per il BIS |
Potenziali evocati | Misurazione della risposta elettrofisiologica alla stimolazione sensoriale | – Componente precoce (BAEP) – Componente intermedia o cosiddetta corticale precoce (MLAEP) – Componente tardiva (LAEP) |
– ↑ latenza BAEP senza variazione di ampiezza – ↑ latenza MLAEP e ↓ ampiezza – Leggermente modificati da ketamina, benzodiazepine e morfina |
– Buon indicatore della perdita di coscienza | Fattori di confondimento: – età – consumo di alcol – tabagismo Interpretazione a posteriori, quindi utilizzata più nella ricerca che nella pratica clinica ++ Formazione specifica |
Attività dello sfintere esofageo inferiore | – Tono spontaneo – Tono provocato |
– Agente dipendente – Poco riproducibile |
EEG: elettroencefalogramma; BIS: indice bispettrale; FFS: fronte di frequenza spettrale; FM: frequenza mediana: IQS: indice di qualità del segnale; EMG: elettromiogramma; SE: entropia basale; RE: entropia di reazione; BAEP: brainstem auditory evoked potentials; MLAEP: midlatency auditory evoked potentials; LAEP: long latency auditory evoked potentials; N2O: protossido di azoto.
Monitoraggio dell’analgesia
La valutazione del dolore nei pazienti in anestesia generale è un processo molto complesso. Una delle prime riflessioni si basa sulla risposta motoria alla stimolazione dolorosa e ciò ha così dato origine al concetto di CAM, ovvero la concentrazione alveolare minima, che consente di inibire la risposta motoria all’incisione in un paziente su due. La CAM è stata utilizzata per confrontare il potere ipnotico dei composti alogenati e poi secondariamente per studiare l’influenza degli oppioidi per prevenire il movimento.
La misurazione dell’attivazione del sistema nervoso autonomo (SNA) secondaria a una stimolazione dolorosa può permettere di monitorare la profondità dell’analgesia. Va notato che tutte queste tecniche sono retrospettive, poiché per concludere bisogna prima osservare la risposta secondaria a una stimolazione.
Misure derivate dall’elettroencefalogramma
Oltre al monitoraggio dell’anestesia, alcuni monitor utilizzano segnali elettroencefalografici frontali per ottenere un indice che consenta la valutazione dell’equilibrio nocicezione-analgesia sotto AG: qNOX.
In uno studio francese pubblicato nel 2014, in cui il qNOX è stato valutato durante tre diverse stimolazioni cliniche dolorose, inserimento di una maschera laringea, laringoscopia e intubazione tracheale, il qNOX era significativamente più alto nei pazienti con un movimento di reazione alla stimolazione dolorosa [72]. Recentemente sono stati descritti altri indici per la valutazione della nocicezione nei pazienti sotto AG, il Cortical Input (CI) e il Composite Cortical State (CCS), calcolati a partire dai dati BIS grezzi di pazienti sottoposti a stimolazione tetanica sotto AG con diverse dosi di oppioidi [73]. La combinazione di questi due indici ha avuto una sensibilità del 75% e una specificità del 52% per la rilevazione di eventi dolorosi. Il CI e il CCS sono stati usati per differenziare i pazienti che ricevevano degli oppioidi dagli altri.
Variazioni emodinamiche
La prima, e anche la più nota, risposta del SNA al dolore è la variazione grossolana di PA e FC. Sfortunatamente, nel contesto di sepsi, stato di shock, sanguinamento o assunzione di farmaci (betabloccanti, calcioantagonisti, ecc.), l’interpretazione di queste variabili è confusa.
Diverse equipe hanno avuto l’idea di provare a monitorare con maggiore precisione il grado di blocco del SNA. Attualmente sono disponibili due prototipi principali: il Surgical Stress Index (SSI o SPI) e l’Analgesia Nociception Index (ANI) Physiodoloris®.
Il SSI è un indice composito:SSI=100−(0,7×PPGAnorm+0,3×HBInorm)
dove PPGA è l’ampiezza dell’onda del polso e HBI è il periodo cardiaco, registrati dalla pletismografia e normalizzati [74]. Il SSI è stato utilizzato per valutare l’analgesia durante diversi tipi di interventi chirurgici, come la chirurgia ginecologica, o per valutare alcune anestesie locoregionali [75], [76]. Alcuni autori hanno potuto mostrare una riduzione del consumo di morfinici grazie all’utilizzo del SSI come monitoraggio dell’analgesia [77]. Le limitazioni tecniche all’uso di questo dispositivo sono essenzialmente condizioni di attivazione adrenergica non correlate al dolore, come l’ipovolemia, l’ipotermia e l’uso di farmaci interferenti con il sistema nervoso cardiovascolare.
L’ANI è un indice che riflette la componente parasimpatica della variabilità di FC. Infatti, si basa sul sollevamento occasionale, transitorio e breve del tono parasimpatico indotto da ogni ciclo respiratorio, sia esso spontaneo o artificiale, per misurare così l’attività relativa del sistema parasimpatico.
L’analisi spettrale del segnale all’elettrocardiogramma (ECG) consente l’identificazione di diverse zone di frequenza. L’area di interesse dell’ANI è la cosiddetta area “alte frequenze”. Contiene solo informazioni relative al tono parasimpatico. L’aritmia respiratoria sinusale (ARS) deriva dall’influenza del tono parasimpatico sul nodo del seno; ha un’influenza sulla zona delle alte frequenze (0,15-0,5 Hz). Per fornire alle cellule un apporto metabolico stabile, il corpo deve mantenere una gittata cardiaca stabile. Tuttavia, ogni inspirazione provoca una sovrapressione polmonare, trasmessa al pericardio attraverso il diaframma, e riduce così la capacità di dilatazione ventricolare e quindi il volume di eiezione sistolica (VES). Al contrario, l’espirazione e la depressione polmonare risultanti consentono dunque ai ventricoli di espandersi comodamente, garantendo così un VES massimale. Da qui la necessità di adattare la FC per mantenere un flusso costante: accelerazione della frequenza in inspirazione e rallentamento in espirazione. Quando predomina il tono parasimpatico, ogni inspirazione induce una breve accelerazione della frequenza cardiaca e una concomitante diminuzione dell’intervallo RR (corrispondente all’ARS), con conseguente ampia variabilità sul tracciato RR filtrato visualizzato sul monitor. Al contrario, se il tono parasimpatico diminuisce e il tono simpatico aumenta (in caso di nocicezione, per esempio), la FC aumenta, ma l’effetto dell’ARS su RR diminuisce, il che si traduce in un tracciato RR filtrato con poca variabilità, che consente la valutazione dell’equilibrio analgesia-nocicezione [78], [79], [80] (Fig. 6). Questa funzione di moderatore è assicurata essenzialmente dall’ansa riflessa parasimpatica che fa afferenza all’interno del nodo polmonare del tratto solitario e fa sinapsi a livello del nucleo del nervo vago, il nodo del seno.
L’ANI è espresso come un indice che va da 0 a 100, riflettendo così l’attività del sistema nervoso parasimpatico. Esprime la quantità relativa di tono parasimpatico presente rispetto al tono simpatico nel SNA di un paziente, supponendo che la somma dei due toni sia del 100%. La misurazione visualizzata dell’ANI rappresenta la media di una successione di misurazioni effettuate su un periodo totale di 80 secondi; ogni misurazione elementare viene eseguita su 64 secondi. La misurazione dell’ANI non può essere interpretata in caso di aritmia, apnea o frequenza respiratoria inferiore a 9 cicli al minuto, di volume corrente variabile nel tempo di misurazione e di respirazione irregolare, in presenza di alcuni pacemaker (certi tipi), nei pazienti sottoposti a trapianto di cuore o quando si utilizzano degli agenti anestetici che influenzano l’attività del seno cardiaco come l’atropina.
In uno studio osservazionale condotto su pazienti adulti sottoposti ad appendicectomia o colecistectomia laparoscopica (con propofol e remifentanil), l’ANI era più sensibile della FC o della PA agli stimoli nocicettivi. In un lavoro pubblicato nel 2013, solo l’ANI era significativamente modificato ad ogni livello di anestesia endovenosa con l’obiettivo di una certa concentrazione di propofol e remifentanil, ma non rendeva possibile prevedere l’insorgenza di un movimento motorio dopo stimolazione dolorosa. Gli autori hanno concluso che l’ANI permetteva il monitoraggio continuo della stimolazione durante l’anestesia endovenosa che associa propofol e remifentanil e che ciò permetteva di migliorare la rilevazione ma non la previsione di un equilibrio nocicezione-analgesia possibilmente inadeguato [81].
Alcuni studi hanno anche dimostrato che l’ANI è correlato al dolore postoperatorio immediato in SSPI [82]. In un secondo lavoro svolto dalla stessa equipe, si osserva che il valore dell’ANI misurato immediatamente prima dell’estubazione dopo un’AG che combina gas alogenati e remifentanil è quindi significativamente correlato con l’intensità del dolore all’arrivo in SSPI [83]. Pertanto, le prestazioni dell’ANI per la previsione del dolore postoperatorio immediato sono buone e questo indice potrebbe essere utile per ottimizzare la gestione del dolore acuto postoperatorio.
Pupillometria
Il diametro della pupilla è determinato dalla muscolatura liscia dell’iride che riceve una doppia innervazione: parasimpatica (a partire dal nucleo pupillocostrittore situato nel tronco encefalico) e simpatica (di origine midollare toracica). Le sue variazioni sono soggette a due riflessi: il riflesso fotomotorio (RPM), in risposta a uno stimolo luminoso, e il riflesso di dilatazione pupillare (RDP), in risposta a uno stimolo doloroso.
L’applicazione di uno stimolo luminoso provoca una rapida contrazione della pupilla ipsilaterale (RPM diretto) e controlaterale (RPM consensuale). Infatti, la stimolazione parasimpatica provoca una contrazione pupillare (miosi) per stimolazione diretta dei recettori colinergici presenti sulle fibre muscolari dello sfintere pupillocostrittore. La registrazione video del RPM mediante pupillometria permette di quantificarne l’ampiezza, la latenza di comparsa (normalmente da 200-250 ms) così come la velocità di contrazione pupillare.
È noto da tempo che il RDP è correlato allo stimolo doloroso, anche nel paziente anestetizzato [84]. Qualsiasi stimolazione simpatica provoca una midriasi attivando i recettori α-adrenergici sulle fibre del muscolo iridodilatatore. La dilatazione pupillare può essere correlata a una stimolazione simpatica e/o a un’inibizione parasimpatica. Infatti, nel paziente sveglio, uno stimolo nocicettivo è responsabile di una stimolazione simpatica, mentre nel paziente in anestesia generale, l’applicazione di uno stimolo nocicettivo sarebbe piuttosto legata a un’inibizione del sistema parasimpatico.
Il RDP è facilmente valutabile al letto del paziente mediante registrazione continua o puntuale, durante la procedura chirurgica o alcuni gesti dolorosi di rianimazione o in risposta all’applicazione di uno stimolo nocicettivo calibrato. Pertanto, lo stimolo tetanico che presenta una frequenza di stimolazione da 50 a 100 Hz e una durata di stimolazione di 5 secondi con un’intensità compresa tra 5 e 80 mA, applicato a un metamero cutaneo, è il test più prevedibile di nocicezione (intubazione orotracheale, incisione chirurgica) [85].
Le variazioni del diametro della pupilla sono il più delle volte misurate mediante fotografia a infrarossi, allo stato basale o in risposta a una stimolazione luminosa. Esistono diversi tipi di pupillometri: quelli con telecamera portatile per misurazioni discontinue della superficie pupillare e quelli con telecamera fissata al volto per la registrazione pupillare continua, nel qual caso l’occhio viene tenuto aperto e regolarmente irrigato con lacrime artificiali. Questi dispositivi sono telecamere a infrarossi che consentono, con una risoluzione spaziale inferiore a 0,05 mm e una precisione dell’ordine di 0,1 mm, una registrazione video delle variazioni della superficie pupillare (20-60 fotogrammi al secondo). Quindi viene calcolato il diametro pupillare.
La pupillometria è ovviamente di difficile esecuzione in caso di anomalie pupillari preesistenti e durante determinate posture (decubito ventrale, decubito laterale) o in alcuni casi di patologie con compromissione disautonomica come diabete avanzato, amiloidosi sistemica, placche sclerotiche o ipertensione incontrollata. Anche alcuni trattamenti possono influenzare il RDP e in particolare l’uso della morfina; si cita, tra gli altri, il remifentanil, per il quale sembra esistere una relazione dose-dipendente sulla riduzione del RDP [86]. Metoclopramide, droperidolo [87], clonidina [88] e dexmedetomidina [89] hanno anch’essi un effetto sul RDP, ma non la lidocaina per via endovenosa [90], l’ondansetron [87] e i beta bloccanti [88], [91].
La pupillometria potrebbe anche consentire di valutare l’efficacia dell’analgesia locoregionale nei pazienti in anestesia generale. I classici segni clinici di efficacia sono viziati in questa situazione. Durante l’anestesia generale combinata con un blocco analgesico endomidollare, l’applicazione della stimolazione tetanica al di sotto del territorio metamerico bloccato consente l’abolizione del RDP, mentre questo era preservato nei metameri non bloccati [92].
In conclusione, la pupillometria potrebbe quindi consentire di monitorare l’efficacia di un’anestesia locoregionale e dell’analgesia intra- ed eventualmente postoperatoria [93].
Conduttanza cutanea
Le ghiandole sudoripare cutanee situate sul palmo delle mani e sulla pianta dei piedi sono innervate dal sistema simpatico. Quando quest’ultimo viene stimolato, le ghiandole sudoripare si riempiono di sudore che evapora rapidamente sulla superficie della pelle, aumentando così la conduttanza di quest’ultima dopo un certo tempo. L’ampiezza del picco di conduttanza è direttamente correlata all’intensità dello stimolo.
Tutte queste risposte vengono abolite aumentando la concentrazione di morfina. I parametri calcolati sono i seguenti [94]:
- •
-
ASCF (Amplitude of Skin Conductance Fluctuations), l’ampiezza dei picchi;
- •
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SCL (Skin Conductance Level), il livello medio di conduttanza, riflesso del tono simpatico al di fuori di qualsiasi stimolazione;
- •
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NFSC (Number of Fluctuations of Skin Conductance), parametro che deriva dai due precedenti e che permette di quantificare il livello di attivazione simpatica in anestesia. Per esempio, al momento dell’intubazione, l’aumento di NFSC è ben correlato con un punteggio clinico di stress. In questo stesso lavoro, gli autori hanno osservato un aumento di NFSC durante la stimolazione tetanica, attenuato dall’infusione di remifentanil [95].
CARDEAN
L’indice cardiovascolare dell’analgesia, basato sui cambiamenti della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, è in grado di rilevare qualsiasi aumento minore della PA seguito da una tachicardia minore, che riflette così l’inibizione del baroriflesso cardiaco. Questo indice è stato originariamente progettato per prevedere qualsiasi movimento intraoperatorio nei pazienti anestetizzati senza curarizzazione [96]. Nel caso di un equilibrio nocicezione-antinocicezione adattato, un minimo aumento della pressione arteriosa è seguito da una diminuzione della frequenza cardiaca (e quindi, per definizione, dell’intervallo RR sull’ECG), regolata dal baroriflesso cardiaco. Quando invece a questo aumento pressorio segue una minima tachicardia, si può ipotizzare un’inibizione del baroriflesso legata a un eccesso di nocicezione che può quindi favorire un movimento intraoperatorio. L’algoritmo di questo indice si basa sull’ECG e sulla misurazione continua non invasiva della pressione arteriosa.
CARDEAN è un software che utilizza l’ECG e dei sensori di PA continui non invasivi (Finapres Medical Systems, Amsterdam, Paesi Bassi). Per un aumento della PA sistolica tra 2 e 5 mmHg, l’algoritmo analizza l’area sotto la curva di PA e di RR così come l’ampiezza RR, per ottenere un indice rivelatore dell’attività baroriflessa cardiaca. Sopra 60, quest’ultimo è considerato inibito, il che corrisponde alla stimolazione nocicettiva.
Confrontando la somministrazione di oppioidi guidata da CARDEAN rispetto alla pratica standard, alcuni autori mostrano che l’uso di questo strumento può ridurre significativamente la frequenza dei movimenti intraoperatori [97]. In un altro studio, il valore di CARDEAN è stato misurato prima dell’incisione cutanea e dopo in due gruppi di pazienti trattati con diverse dosi di oppioidi. Si è osservato che il CARDEAN era significativamente aumentato nel gruppo che aveva ricevuto la concentrazione più bassa.
Il Nociception Level index
Sembra quindi che uno strumento di monitoraggio della nocicezione intraoperatoria richieda un approccio multiparametrico. Nel 2013, un lavoro sul Nociception Level (NoL) index utilizza cinque parametri: frequenza cardiaca, ampiezza dell’onda pletismografica, conduttanza cutanea e loro derivati nel tempo [98]. L’analisi di questi parametri seguita dalla regressione non lineare fornisce un numero adimensionale da 0 a 100; minore è l’indice, minore è la nocicezione. Per studiare la reattività dell’indice NoL, gli autori hanno definito un indice combinato che associa il tipo di stimolo (basso, alto e medio) e di analgesia (basato sulla concentrazione di oppioidi): il Combined Index of Stimulus and Analgesia (CISA). Hanno osservato una buona correlazione tra NoL e CISA. In questo lavoro si osserva una superiorità del NoL, rispetto ai suoi parametri presi isolatamente. Più recentemente, un’equipe ha studiato l’effetto di diverse concentrazioni di oppioidi sulla risposta del NoL, della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, dopo stimolazione nocicettiva, in pazienti sottoposti ad anestesia generale [99]: l’area sotto la curva receiver operating characteristic (ROC) del NoL era più alta. Si nota inoltre che, al di fuori di qualsiasi stimolo doloroso, il NoL non era influenzato dalle diverse concentrazioni di oppioidi, a differenza della FC e della PA.
Nel 2016, la misurazione dell’indice NoL con stimolazioni dolorose di intensità crescente in pazienti sotto anestesia generale ha permesso di osservare che il NoL era in grado di discriminare tra diversi livelli di analgesia, con una risposta crescente a stimoli di intensità crescente. Inoltre, la risposta del NoL agli eventi dolorosi è stata attenuata con le dosi crescenti di oppioidi [100]. Questi risultati sono stati confermati nel 2019 in un lavoro che ha mostrato un’ottima correlazione tra NoL e intensità degli stimoli nocicettivi. Inoltre, durante la stimolazione standardizzata, il NoL era inversamente correlato con la concentrazione di oppioidi.
Particolarità pediatriche
Obiettivi dell’anestesia generale nei bambini
Nei bambini, il mantenimento dell’anestesia profonda è un importante elemento di cura al fine di ridurre il rischio di complicanze respiratorie come il laringospasmo o il broncospasmo. Inoltre, in assenza di insufficienza d’organo, il sovradosaggio di ipnotici è meno rischioso che negli adulti. Il problema della memorizzazione è poco o per nulla valutato nei bambini. Potrebbe essere coinvolto nel verificarsi di disturbi comportamentali (risvegli o terrori notturni) osservati dopo l’anestesia nei bambini piccoli.
Scala per il monitoraggio della profondità dell’anestesia nei bambini
La scala MOAA/S è stata convalidata ed è utilizzata nei bambini [101]. Tuttavia, si può presentare un’altra scala, l’University of Michigan Sedation Scale (UMSS), anch’essa convalidata [102] (Tabella 8). Tuttavia, non mostra alcuna superiorità rispetto alla MOAA/S.
Tabella 8. Punteggio UMSS (University of Michigan Sedation Scale) per valutare la sedazione nei bambini (secondo Malviya et al. [102]).
0 | Totalmente sveglio |
---|---|
1 | Sedazione minima (risposta appropriata alla stimolazione uditiva) |
2 | Moderata sedazione – sonnolenza (risposta appropriata alla stimolazione tattile o al comando verbale) |
3 | Sedazione profonda (risposta solo a stimolazione meccanica vigorosa) |
4 | Nessuna risposta alla stimolazione |
Elettroencefalogramma nei bambini
Il tracciato EEG del bambino presenta alcune specificità, che testimoniano l’immaturità del cervello pediatrico, durante il 1o anno di vita; oltre, le differenze osservate con gli adulti sono minime. Infatti, la veglia fisiologica e il sonno nei bambini sono molto vicini al sonno profondo legato agli agenti anestetici e da qui l’interesse degli algoritmi di calcolo per stimare il livello di anestesia.
L’EEG di eccitazione del bambino è caratterizzato da onde di frequenze più basse e di ampiezze leggermente superiori rispetto a quelle dell’adulto [103]. Con l’età si osserva un aumento della frequenza del ritmo alfa, classicamente inibito dalle stimolazioni visive e predominante nelle aree posteriori. Inoltre, c’è un aumento del numero di onde lente di tipo theta [104]. Il profilo EEG durante il sonno riflette una diversa organizzazione del sonno nei bambini rispetto agli adulti, con, all’atto dell’addormentarsi, la comparsa di onde theta ampie e regolari fino all’età di 6 anni. Inoltre, è caratterizzato da una predominanza di onde delta lente, più ampie e irregolari e associate a un rapido sovraccarico di tipo alfa. Infine, nel bambino ancora più grande, si osservano figure rapide chiamate spindles, presenti negli adulti, che scompaiono durante il sonno profondo. Per quanto riguarda la desincronizzazione e i ritmi rapidi caratteristici del sonno REM, essi compaiono gradualmente con l’età per raggiungere, nell’adolescenza, proporzioni paragonabili a quelle osservate negli adulti.
L’EEG può, proprio come negli adulti, permettere di monitorare la profondità dell’anestesia in pediatria perché, effettivamente, la maggior parte degli agenti anestetici induce nei bambini effetti sull’EEG vicini a quelli osservati negli adulti. Per esempio, nei bambini di età compresa tra i 3 e i 10 anni si osserva una correlazione dei parametri spettrali con le concentrazioni plasmatiche di propofol. Un’induzione dolce con alotano permette di osservare un rallentamento complessivo del tracciato e un sovraccarico di onde beta che scompare durante l’approfondimento dell’anestesia [105]. L’induzione con sevoflurano inalato è invece caratterizzata da un rapido rallentamento dell’EEG che porta a un tracciato con onde lente, ampie e acute, fin dai primi minuti, e che varia poco fino all’approfondimento dell’anestesia necessaria per l’intubazione.
Quindi oltre 1 anno, il segnale EEG varia in modo dose-dipendente con le dosi di prodotto ipnotico somministrate. Tuttavia, l’uso di parametri calcolati a partire dal cosiddetto EEG “grezzo” rimane deludente nella routine clinica, come negli adulti. Ma, allo stesso modo, le prestazioni dell’EEG nei bambini sono state migliorate mediante l’uso di algoritmi di calcolo che integrano diversi parametri, come BIS o entropia.
Indice bispettrale
Il BIS è attualmente il monitor più studiato nei bambini. I dati della letteratura pediatrica suggeriscono che il BIS è, come negli adulti, correlato con la componente ipnotica dell’anestesia. Infatti, i valori di BIS sono inversamente proporzionali alle frazioni espirate di sevoflurano dallo 0% al 3%, in maniera più accurata delle variazioni emodinamiche (pressione sanguigna e frequenza cardiaca) [106], [107]. Come negli adulti, l’uso del BIS consente di ridurre il consumo di prodotti e quindi di ottenere un risveglio più rapido, e questo in particolare nei bambini sopra i 3 anni [108]. D’altra parte, in caso di anestesia endovenosa, l’uso del BIS è di particolare interesse nei bambini. Il propofol ha un profilo farmacocinetico che cambia con l’età, poiché nei bambini ci sono un aumento del volume di distribuzione e un aumento della sua clearance.
Surgical Stress Index (SSI o SPI)
Il SSI sembra consentire una valutazione dell’equilibrio analgesia-nocicezione in alcuni casi nei bambini. In effetti, alcuni autori hanno dimostrato che questo indice aumentava significativamente dopo stimolazione dolorosa standardizzata nei bambini di età superiore ai 4 anni sotto anestesia con sevoflurano [109]. Sfortunatamente, nessuno studio fino a oggi ha esaminato il SSI nei neonati o nei bambini.
Analgesia Nociception Index
L’ANI è stato recentemente descritto in bambini anestetizzati a diverse velocità di infusione di remifentanil, come parte della chirurgia dell’orecchio medio sotto desflurano [110]. Altri studi più recenti hanno mostrato una diminuzione dell’ANI nei bambini anestetizzati con desflurano e remifentanil, senza modificazioni significative dei parametri emodinamici [110].
Dopo la stimolazione nocicettiva, l’ANI era significativamente inferiore rispetto a prima della stimolazione per ciascuna posologia di remifentanil. In un altro studio più recente, l’ANI è stato utilizzato per valutare l’efficacia dell’anestesia regionale dopo incisione cutanea nei bambini anestetizzati con sevoflurano [111]. L’area sotto la curva (intervallo di confidenza al 95%) dell’ANI per rilevare il fallimento dell’anestesia regionale era di 0,75 (0,6-0,88), con una sensibilità del 79% e una specificità del 62% alla soglia di 51. Infatti, l’ANI potrebbe essere uno strumento interessante per monitorare l’efficacia dell’anestesia regionale.
Conduttanza cutanea
Alcuni autori hanno pensato che la conduttanza cutanea possa essere utilizzata per valutare il dolore, in particolare nei bambini piccoli. In caso di prematurità (< 29 settimane di amenorrea), il NFSC e l’AFSC erano stabili durante stimolazioni non dolorose, come il cambio o il biberon, ed erano aumentati durante una puntura capillare al tallone, per poi tornare al loro valore basale 41 [112]. D’altra parte, nei bambini sotto desflurano, la conduttanza cutanea sembra poco discriminante [110]. L’uso della conduttanza cutanea per valutare il dolore postoperatorio in SSPI, nel soggetto sveglio, ha una capacità piuttosto deludente di discriminare le soglie del dolore [113].
Tutti gli strumenti di monitoraggio dell’anestesia presentati sono riassunti nella Tabella 9.
Tabella 9. Strumenti di monitoraggio dell’analgesia.
Strumenti | Empty Cell | Parametro di misurazione | Effetti dell’analgesia | Vantaggi | Inconvenienti |
---|---|---|---|---|---|
Misurazioni derivate dall’EEG | |||||
Variazioni emodinamiche | La prima risposta del SNA al dolore è la variazione grezza di PA e FC | ||||
SSI | Pletismografia | SSI = 100 – (0,7 × PPGAnorm + 0,3 × HBInorm) | ↑ SSI se analgesia inadeguata | Valutazione dell’analgesia regionale e dell’anestesia | Limiti: condizioni di attivazione adrenergica non correlate al dolore, come ipovolemia, ipotermia e uso di farmaci che interferiscono con il sistema nervoso cardiovascolare |
ANI | Indice che riflette la componente parasimpatica della variabilità della FC Basato sulla rilevazione puntuale, transitoria e breve del tono parasimpatico indotta da ciascun ciclo respiratorio |
Indice che va da 0 a 100 che riflette l’attività del sistema nervoso parasimpatico | L’ANI è espresso come un indice compreso tra 0 e 100 riflettendo così l’attività del sistema nervoso parasimpatico | Monitoraggio continuo della stimolazione durante l’anestesia endovenosa Migliora il rilevamento ma non la previsione di un equilibrio nocicezione-analgesia possibilmente inadeguato Previsione del dolore postoperatorio immediato |
Non interpretabile in caso di aritmia, apnea o frequenza respiratoria < 9 cicli/min, di volume corrente variabile per tutta la durata della misurazione, di respirazione irregolare, in presenza di alcuni pacemaker (certi tipi), in pazienti sottoposti a trapianto di cuore o quando si utilizzano farmaci che influenzano l’attività cardiaca sinusale come l’atropina |
Pupillometria | Misurazione del diametro pupillare mediante fotometria infrarossa nello stato basale e dopo stimolazione luminosa | RDP | Stimolazione simpatica → midriasi mediante attivazione dei recettori α-adrenergici. Nel paziente sveglio: stimolo nocicettivo → stimolazione simpatica Nel paziente anestetizzato: stimolo → inibizione del sistema parasimpatico |
Monitoraggio, efficacia dell’anestesia locoregionale Monitoraggio dell’analgesia intra- e postoperatoria Registrazione continua o puntuale dopo stimolazione dolorosa |
Difficoltà di realizzazione o interpretazione: – determinate posizioni (posizione prona) – patologie pupillari – patologie disautonomiche – alcuni trattamenti (morfina, metoclopramide, droperidolo, clonidina e dexmedetomidina) |
Conduttanza cutanea | Quando il sistema nervoso simpatico viene stimolato, le ghiandole sudoripare si riempiono di sudore che evapora rapidamente sulla superficie della pelle, aumentando la conduttanza di quest’ultima con un ritardo. | – ASCF: l’ampiezza dei picchi; – SCL: il livello medio di conduttanza, riflesso del tono simpatico al di fuori di qualsiasi stimolazione; – NFSC: parametro che deriva dai due precedenti e che permette di quantificare il livello di attivazione simpatica sotto anestesia |
Ampiezza della conduttanza correlata all’intensità dello stimolo ↑ NFSC all’intubazione e correlata con un punteggio clinico di stress |
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Indice cardiovascolare di analgesia (CARDEAN) | Sulla base delle variazioni della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, è in grado di rilevare qualsiasi aumento minore della pressione arteriosa seguito da tachicardia minore, che riflette così l’inibizione del baroriflesso cardiaco | Potrebbe ridurre la frequenza dei movimenti intraoperatori Monitoraggio dell’analgesia intraoperatoria |
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NoL index | Approccio multiparametrico comprendente 5 parametri: FC, ampiezza dell’onda pletismografica, conduttanza cutanea e loro derivati nel tempo | L’analisi di questi parametri, seguita da una regressione non lineare, produce un numero senza dimensione, compreso tra 0 e 100 | – ↓ Indice NoL (NoL index) con nocicezione | Approccio multiparametrico A parte qualsiasi stimolo doloroso, il NoL non è influenzato dalle diverse concentrazioni di oppioidi, a differenza della FC e della PA Può aiutare a discriminare tra i diversi livelli di analgesia. Correlato con l’intensità del dolore e inversamente correlato con la concentrazione di oppioidi |
EEG: elettroencefalogramma; SNA: sistema nervoso autonomo; SSI: Surgical Stress Index; PPGA: ampiezza dell’onda del polso; HBI: periodo cardiaco; ANI: Analgesia Nociception Index; FC: frequenza cardiaca; PA: pressione arteriosa; PDR: riflesso di dilatazione pupillare; ASCF: amplitude of skin conductance fluctuations; SCL: skin conductance level; NFSC: number of fluctuations of skin conductance; NoL: nociception level.
Conclusioni
Il monitoraggio dell’anestesia generale è un tema ancora attuale e ancora molto dibattuto. La ricerca di un’anestesia generale detta adeguata, non solo al paziente e alla procedura, ma anche al chirurgo e alla struttura, è un elemento importante della riflessione che un anestesista deve nutrire fin dalla sua visita preanestetica. Promuove il comfort del paziente e consente di ottimizzare e rendere sicura una procedura chirurgica, ma anche di agire in una logica di risparmio ecologico ed economico. Anche la scelta del metodo di valutazione sembra essere una questione interessante. Viene fatta in genere una distinzione tra gli strumenti utilizzati per monitorare la componente ipnotica e quelli che esplorano l’analgesico. Ovviamente, in alcuni casi, il limite tra queste due componenti è molto sfumato, ma consente al professionista di monitorare ciascuno dei trattamenti utilizzati. Questo monitoraggio richiede una conoscenza degli strumenti e la padronanza della farmacodinamica degli agenti utilizzati. Attualmente, nessun singolo strumento è in grado di monitorare la profondità dell’anestesia nel modo più sensibile e specifico possibile, indipendentemente dall’agente anestetico utilizzato. In effetti, la scelta di un monitoraggio multimodale adattato al paziente e alla procedura sembra essere una delle strategie più affidabili e consigliate. L’uso di questi strumenti nei bambini richiede la conoscenza delle particolarità pediatriche, degli agenti anestetici e degli strumenti.
Punti importanti
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Il monitoraggio in tempo reale della profondità dell’anestesia è un elemento importante della gestione dell’anestesia che può essere preso in considerazione già durante la consultazione preanestetica.
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Il monitoraggio dell’anestesia deve essere adattato al paziente e alla procedura eseguita per consentire la sicurezza della procedura chirurgica. Questa è chiamata anestesia adattata.
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Il monitoraggio clinico rimane un elemento essenziale di questa gestione e non deve mai essere trascurato. Tuttavia, in alcuni casi, può riflettere in modo errato la profondità dell’anestesia. Da qui la necessità di sviluppare strumenti.
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Alcuni autori hanno sviluppato un monitoraggio farmacologico basato sulla previsione delle concentrazioni degli agenti, a livello cerebrale (noto come effetto sito), con degli algoritmi matematici.
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L’analisi elettrofisiologica tramite l’elettroencefalogramma consente di isolare diversi indici come il BIS o l’entropia, che sono semplici strumenti digitali di facile utilizzo quotidiano per monitorare l’effetto degli agenti sedativi.
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Il monitoraggio dell’anestesia comprende anche quello dell’analgesia, che non va trascurato e che non è necessariamente compreso a seconda dello strumento scelto. Attualmente vengono studiati diversi indici basati sulla risposta del sistema autonomo alla nocicezione, come la pupillometria, il CARDEAN o l’ANI.
Fonte : https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1283077122473646