Monitoraggio emodinamico di tipo invasivo
Il monitoraggio continuo e dettagliato dei parametri vitali è fondamentale in una Unità di Terapia Intensiva, soprattutto quando lo si esegue con metodi invasivi. L’Infermiere in tale ambito gioca un ruolo importante e diventa il punto di riferimento per tutta l’équipe assistenziale. Nelle Unità di Terapia Intensiva il monitoraggio e la rilevazione dei parametri costituiscono una parte integrante dell’attività infermieristica. In particolare, il monitoraggio emodinamico attraverso la misurazione della Pressione Arteriosa Cruenta e della Pressione Venosa Centrale (PVC) e la loro corretta interpretazione, determina una valutazione diagnostica e un conseguente intervento terapeutico.
Il monitoraggio emodinamico in terapia intensiva
I valori di PA e PVC, infatti, permettono di generare dei dati che consentono un precoce riconoscimento di fattori indicanti un deterioramento della funzione cardiocircolatoria e la necessità di un intervento immediato, nonché di verificare l’efficacia dei provvedimenti terapeutici attuati. Ma non solo: permettono una sorveglianza continua dei parametri emodinamici in pazienti in fase critica e di formulare una diagnosi differenziale di patologie a carico dell’apparato cardiovascolare.
Il monitoraggio emodinamico di tipo invasivo richiede l’accesso a uno o più vasi:
- per il versante venoso, solitamente, si incannula la succlavia (raccomandata) o giugulare interna;
- per il versante arterioso si incannula l’arteria radiale o, più raramente, l’arteria brachiale e l’arteria femorale.
Con la rilevazione della Pressione Venosa Centrale si individua la pressione esistente nel tratto terminale della vena cava superiore, che corrisponde, sostanzialmente, alla pressione esistente a livello dell’atrio destro, in cui affluisce tutta la circolazione venosa sistemica, o del ventricolo destro del cuore, alla fine della diastole.
Durante la diastole la valvola tricuspide rimane aperta ed il sangue fluisce dall’atrio al ventricolo destro. Durante la diastole, atrio e ventricolo destro hanno pressioni simili tra loro, che diventano esattamente uguali alla fine della diastole stessa.
Ne consegue che la Pressione Venosa Centrale ci dà informazioni sulla pressione in atrio destro e sulla pressione del ventricolo destro al termine della diastole. La PVC, inoltre, viene spesso utilizzata per stimare la volemia e quindi il precarico, ma in realtà non esiste una correlazione lineare tra PVC e volume ematico in atrio destro.
La PVC è determinata da due differenti pressioni:
- la pressione che il sangue esercita dall’interno sulle pareti, la quale permette di distendere le cavità di atrio e ventricolo;
- la forza esercitata dall’esterno data dalla pressione pericardica e pleurica.
Quest’ultima può avere un ruolo molto importante nel definire la PVC; pensiamo, ad esempio, ad un paziente con tamponamento cardiaco o, più frequentemente, ad un paziente ricoverato in UTI, collegato ad un ventilatore meccanico a pressione positiva che determina un aumento della pressione intratoracica. Questa condizione porta ad una riduzione del volume delle cavità cardiache e ad un aumento della pressione venosa centrale, non legata appunto alla volemia in sé.Le tecniche di rilevazione della PVC
Nelle Unità di Rianimazione e Terapia Intensiva il posizionamento di un catetere arterioso è una pratica consolidata. È necessario ovviamente conoscere le indicazioni e le controindicazioni al suo posizionamento per garantire una corretta gestione del device.
Come già detto, l’accesso ad un’arteria permette un monitoraggio continuo della Pressione Arteriosa per tutti i pazienti con instabilità emodinamica, ma non solo. Riduce il numero delle punture di arteria per l’emogasanalisi (frequenti in pazienti con deficit respiratori e/o di scambi gassosi) e quelle delle punture venose per prelievi per esami di laboratorio; riduce, quindi, il disagio del paziente e il rischio di lesioni arteriose indotte, consentendo di vigilare tempestivamente sulla risposta alla terapia farmacologica adottata.
Controindicazioni al posizionamento di una linea arteriosa
Tra le controindicazioni al posizionamento di una linea arteriosa troviamo:
- rischio di compromissione della circolazione distale al sito di inserzione del catetere;
- rischio di infezioni correlate al sito di posizionamento;
- rischio di lesioni traumatiche in prossimità del catetere.
Le difficoltà più comuni sono invece la presenza di spasmo arterioso o l’impossibilità da parte del medico di passare la guida o il catetere attraverso l’arteria nonostante la presenza di sangue pulsante dall’ago. In caso di spasmo è raccomandabile cambiare sito; in caso di difficoltà di inserimento di guida o catetere, regolando l’angolo, con un leggero anticipo o con il ritiro dell’ago, il posizionamento può ancora avere successo.
Nella pratica:
- posizionare il paziente in postura ottimale tenendo conto delle particolari condizioni cliniche;
- esporre l’arteria radiale mediante una moderata torsione del dorso della mano;
- per concedere una migliore esposizione, favorendo il successo nel posizionamento della linea, posizionare un piccolo rialzo sotto il polso che faciliti la torsione e il corretto posizionamento dell’arto;
- montare la sacca a pressione con la soluzione fisiologica (NaCl 0,9%);
- l’estremità prossimale del deflussore viene consegnata all’infermiere e collegata alla soluzione, l’estremità distale viene mantenuta sterile;
- si appronta il sistema infusionale, riempiendo la linea di infusione e portando la pressione nella sacca al di sopra della PA, con lo scopo di mantenere una pressione (generalmente a 300 mmHg) tale da consentire di trasmettere il segnale pressorio fino al trasduttore elettrico e di mantenere il catetere pervio;
- allestito il carrello servitore con tecnica sterile, si disinfetta l’area di intervento (raccomandato l’uso di Clorexidina 2%) e si prepara un campo chirurgico posizionando due teli sterili; il medico procederà infiltrando anestetico locale se necessario, pungendo poi il punto prescelto con l’apposito ago e introducendo la guida metallica. Sfilato l’ago, inserirà il catetere tramite guida che verrà poi prontamente rimossa;
- una volta fissato il catetere con punti non riassorbibili si procederà con una medicazione sterile del sito d’inserzione (tecnica Seldinger).
Una volta posizionato il sistema, bisogna fare in modo che l’onda pressoria venga percepita e trasdotta in un segnale elettrico per poter essere visualizzata ed analizzata; per far questo è necessario calibrare il sistema mediante referenza a zero:
- regolare il livello del trasduttore in maniera che lo zero anatomico dell’utente (atrio destro o linea ascellare media in assenza di alterazioni anatomiche del torace) corrisponda al livello del trasduttore;
- chiudere il trasduttore lato paziente ed aprirlo al lato della pressione atmosferica (lasciar fuoriuscire qualche goccia di soluzione di lavaggio per conferma);
- cliccare sul monitor in corrispondenza del tasto zero e attendere la comparsa di una linea piatta;
- chiudere il trasduttore al lato della pressione atmosferica ed aprirlo al lato paziente;
- controllare l’onda pressoria ed ottimizzarla, se necessario;
- un sistema di trasduzione elettronico trasformerà poi l’impulso pressorio in impulso elettrico visibile sul monitor.
Ricordiamo sempre che una corretta valutazione clinica del paziente nasce dall’integrazione e dalla stretta collaborazione medico-infermiere, nonché dall’osservazione del paziente stesso unitamente alla rilevazione dei parametri.
Fonte : https://www.nurse24.it/specializzazioni/area-clinica/monitoraggio-emodinamico-di-tipo-invasivo.html