Le linee guida sul controllo della temperatura per i sopravvissuti all’arresto cardiaco in coma sono state recentemente modificate dalla raccomandazione di una gestione mirata della temperatura (32-36 °C) al controllo della febbre (≤ 37,7 °C). Alla luce di ciò alcuni ricercatori hanno studiato l’effetto dell’implementazione di una rigorosa strategia di controllo della febbre, l’aderenza al protocollo e gli outcome dei pazienti in un ospedale finlandese.
Coma post ACR: studio pre-post su modifica temperatura target
Nell’ultimo decennio ci sono stati importanti cambiamenti nelle conoscenze sull’ipotermia dopo un arresto cardiaco.
Tutto ha avuto origine dalla pubblicazione nel 2013 dello studio TTM1, il quale ha portato a un cambiamento nella pratica e al passaggio verso l’obiettivo dell’ipotermia lieve.
Successivamente, diversi studi di coorte hanno riportato una minore aderenza complessiva al protocollo, una maggiore incidenza di febbre e alcuni studi hanno anche riportato un’associazione con esiti peggiori per i pazienti.
Si è arrivati così nel 2021 alla pubblicazione dello studio TTM2, il quale ha confrontato il trattamento mirato dell’ipotermia (33 °C) con il controllo precoce della febbre. Alla luce di ciò, sia le linee guida aggiornate dell’European Resuscitation Council (ERC) e dell’European Society of Intensive Care Medicine (ESICM) hanno raccomandato di prevenire attivamente la febbre (>37,7 °C) in contrasto con il controllo della temperatura precedentemente raccomandato tra 32-36 °C tra i sopravvissuti in coma all’arresto cardiaco.
Nel settore del medicale da oltre 20 anni, nasco come tecnico di prodotti sanitari (ventilatori polmonari) per poi diventare product specialist , responsabile di sala neurovascular e oggi area manager centro sud Italia