Lo svezzamento dalla ventilazione meccanica nel paziente anziano fragile.
Nelle scorse settimane ho avuto l’opportunità di confrontarmi sullo svezzamento dalla ventilazione con Ludo Trianni, responsabile dell’Unità di Terapia Intensiva Respiratoria di Villa Pineta, che abbiamo già conosciuto nel post del 26 ottobre e nei commenti con cui spesso vivacizza il confronto su ventilab.it . Vista la sua esperienza nel weaning di pazienti anziani con svezzamento prolungato dalla ventilazione meccanica, gli ho proposto di condividere con noi il suo approccio al problema.
Con piacere pubblico quindi il primo di una serie di post che Ludo ed i suoi collaboratori ci proporranno. Con la convinzione che questo possa facilitare la nostra pratica quotidiana e la nostra interazione con i centri di svezzamento. Invito tutti gli amici di ventilab.it a non lasciarsi scappare l’occasione per fare commenti e domande a Ludovico.
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I 3 Goals.
La nostra terapia intensiva, nata circa 10 anni fa per la necessità di gestire le riacutizzazioni di BPCO ed assicurare in generale la gestione ed il corretto monitoraggio dell’insufficienza respiratoria acuta su cronica di pazienti non solo affetti da patologie respiratore ma anche cardiache e neuromuscolari, utilizzando le competenze di fisioterapia cardiopolmonare già storicamente presenti, si è ulteriormente caratterizzato anche come weaning center quando, a partire dal 2002, ne sono diventato responsabile. Inoltre, grazie al mio background anestesiologico e rianimatorio, il rapporto con le rianimazioni dell’ASL di Modena si è intensificato in tal senso. Come ho già detto nei miei interventi precedenti su ventilab, la nostra è una casistica “ristretta” al paziente anziano e neuromuscolare già con marcata compromissione respiratoria, per cui ben presto ho potuto constatare che le strategie di svezzamento usualmente applicate in Terapia Intensiva (TI) non si addicevano al nostro case-mix, anzi, tutti i pazienti inviateci dalle TI provinciali avevano più volte fallito numerosi training di svezzamento basati sul trial di respiro spontaneo, con tempi medi di degenza e di tracheotomia rispettivamente di 40 e 20 gg. Ci siamo chiesti il perché, e la risposta è che nel paziente anziano la comorbilità preesistenti all’ingresso nelle TI (cardiopatie, disendocrinopatie, dismetabolismi ed alterazioni cognitive) ed i lunghi tempi di degenza in TI, anche se non vi sono in tal senso al momento evidenze in letteratura, non potevano non incidere pesantemente sulla sua capacità di svezzarsi dalla ventilazione meccanica invasiva: troppo compromesso lo stato nutrizionale, troppo alto il grado di deafferentazione da allettamento prolungato con costante presenza di chronic illness polyneuropathy and myopathy. La risposta è stata quindi “copernicana”: non più il medico che “tenta” di staccare il paziente dal ventilatore, ma il paziente che riesce, tramite un recupero complessivo del suo stato di salute grazie ad un approccio multidisplinare, a staccarsi dal ventilatore. Nel paziente anziano, l’approccio rianimatorio allo svezzamento troppe volte si focalizza infatti unicamente sul recupero dell’unità ventilatoria e conseguentemente dello scambio gassoso, sottostimando le molteplici problematiche presenti nell’anziano stesso e soprattutto non valutando il fattore tempo: il paziente anziano perde rapidamente il proprio labile equilibrio funzionale, ma gli occorrono lunghi periodi di tempo per il suo recupero. La “teoria dei 3 goals” come la definisco io in maniera sicuramente un po’ folcloristica, vuole stigmatizzare che nel paziente anziano occorre arrivare allo svezzamento DOPO il suo completo recupero, non PRIMA. In una nostra evidenza in progress quest’anno su Respiratory Care, inoltre, il recupero delle basic activities daily living tramite training riabilitativo è elemento correlato e predittivo sulla mortalità intraospedaliera e sulle capacità di weaning stesso.
Per tali motivi utilizziamo quindi contemporaneamente e quotidianamente 3 linee di lavoro ad incremento progressivo:
training fisioterapico personalizzato volto al recupero funzionale di tutti i distretti neuromuscolari, tronco, arti superiori ed inferiori, riallenamento alla deambulazione e ripristino della fisiologica fasicità del drive respiratorio, anche durante ventilazione meccanica invasiva. Utilizziamo spesso anche la ventilazione noninvasiva, non tanto e non solo per il reclutamento alveolare, ma come work of breathing discharge e recupero della muscolatura respiratoria.
recupero della massa magra e della funzione deglutitoria
in presenza dei requisiti universalmente riconosciuti imprescindibili per iniziare uno svezzamento (nota 1) , progressivo distacco dal supporto ventilatorio, con un protocollo con distacco orario a step progressivi (1, 2, 4, 8, 16 h.) della durata di 5 giorni, utilizzando tutte le modalità ventilatorie necessarie, lavorando sulla PS, sul volume corrente, sulla PEEP e sul rapporto I:E, mai sul trigger per l’ovvio motivo che il recupero della capacità inspiratoria è direttamente proporzionale ai progressi in ambito riabilitativo).
Normalmente, dopo aver fatto una valutazione endoscopica del tratto tracheo-bronchiale e delle corde vocali per valutare l’eventuale presenza di riduzione del lumen tracheale da malacia della pars membranacea frequente nel del BPCO, dismotilità cordale e lesioni da decubito tracheale, procediamo al decannulamento se:
il paziente ventila spontaneamente, dopo il protocollo a step progressivi, per almeno 72 h consecutive con accettabile emogasanalisi arteriosa (SatO2 > 90%; PaCO2 70, pH > 7.35 3 gr/dl, transferrinemia > 150 gr/dl, recupero massa magra ai controlli bioimpedenzometrici settimanali, assenza completa di disfagia ai liquidi e ai solidi con alimentazione a dieta libera per os (nota 2), MIP (maximal inspiratory pressure ) > 35 cmH2O, MEP (maximal expiratory pressure) > 35 cmH2O, PEF ( peak expiratory flow) > 80 l/min.
Fonte : http://www.ventilab.it/2010/12/lo-svezzamento-dalla-ventilazione.html