Lesione spinale: individuati i circuiti neurali che ripristinano la deambulazione
È possibile ripristinare il movimento dopo la lesione di midollo? Sono già in uso su pazienti diverse strategie che combinano la stimolazione elettrica delle radici sacrali con particolari protocolli di riabilitazione mediati da un’interfaccia robotica. Un recente studio, condotto da un pool internazionale di scienziati e pubblicato sulla rivista Nature, aggiunge un altro importante tassello in questo scenario, individuando i neuroni direttamente coinvolti nel recupero della deambulazione.
Il progetto STIMO
STIMO – STImulation Movement Overground – è uno studio “First-In-Man” (FIH), concepito per valutare la sicurezza e la fattibilità nell’uomo di una combinazione di tecniche di riabilitazione già nota come “gold standard” per ristabilire la deambulazione nei pazienti con lesione di midollo spinale (spinal cord injury – SCI) attraverso 1) la stimolazione elettrica epidurale e 2) la riabilitazione robot-assistita
La stimolazione elettrica epidurale
La stimolazione epidurale (epidural electrical stimulation – EES) interessa le radici dorsali del midollo spinale, dove risiedono i neuroni che regolano la deambulazione. Il sistema di stimolazione si compone di due parti: un “paddle” multi-elettrodo impiantato e un dispositivo esterno per il controllo della stimolazione.
La riabilitazione neuromuscolare robot-assistita
Mentre il paziente riceve la stimolazione, un esoscheletro robotico, che ne supporta costantemente il peso, elabora in tempo reale le informazioni provenienti da esso permettendo un controllo closed-loop della stimolazione.
La tecnica nel suo insieme prende il nome di EES Rehab, ed è illustrata in Figura 1.
STIMO ha coinvolto 9 soggetti paralizzati, 6 dei quali senza compromissione della continuità elettrica nervosa. I partecipanti sono stati trattati per 5 mesi, 4 o 5 volte a settimana, con protocolli personalizzati comprendenti diverse attività come la camminata su tapis roulant, la pedalata, il nuoto e specifici esercizi per gli arti e il tronco.
Mensilmente è stato registrato, per ogni paziente, il supporto minimo richiesto durante la deambulazione. Altri parametri presi in esame per valutare gli effettivi miglioramenti sono stati resistenza e velocità dell’andatura, oltre ad esami elettromiografici periodici.
I risultati hanno mostrato una risposta positiva alla terapia in tutti i soggetti. Inoltre, i partecipanti senza interruzione elettrica nervosa hanno mantenuto i risultati raggiunti anche in assenza di stimolazione.
Per saperne di più: la tecnologia impiegata nello studio STIMO.
EES Rehab: la tecnologia alla base della neuro-rigenerazione
A partire da questo studio, l’interesse della ricerca si è spostato maggiormente sulla risposta neuronale.
Gli studiosi hanno ipotizzato che il protocollo EES-Rehab induca una neurorigenerazione a livello del midollo spinale, che si rifletterebbe sull’attività neuronale. Dunque, hanno seguito l’attività in risposta alla camminata in tutto il midollo, prima e dopo il protocollo di riabilitazione. Non essendo lo stimolatore MRI-conditional, ovvero compatibile con imaging a risonanza magnetica, i ricercatori hanno utilizzato la tecnica tomografica PET con FDG (un mezzo di contrasto che evidenzia le attività metaboliche) e hanno osservato il consumo di glucosio come indice di attività neurale.
Inaspettatamente, il consumo di zucchero diminuiva quando i soggetti erano in movimento. Questo ha permesso di ipotizzare che la terapia supportasse fortemente l’attività di una specifica popolazione neuronale fondamentale per il ripristino della deambulazione. Lo scopo dello studio è stato quello di individuare la popolazione cellulare e di isolarla.
Un atlante della deambulazione
Per tale scopo, gli scienziati hanno messo a punto una sorta di cartografia della deambulazione (Figura 2).
Per ottenere questa mappa, tutto il sistema descritto sotto il nome di EES Rehab è stato riprodotto in modello animale, nello specifico sui topi. Un metodo di sequenziamento dell’RNA, adatto allo studio dell’espressione genica di tessuti difficili da isolare, ha permesso di interrogare il midollo spinale dei topi a risoluzione di singola cellula, in modo da catalogare ogni popolazione neuronale e studiarla in ogni differente condizione terapeutica.
I ricercatori hanno profilato in particolare la porzione lombare midollare di 8 gruppi di topi, ognuno in una condizione neuromuscolare differente (e.g., sano, paralizzato, in terapia con EES Rehab e così via), identificando 36 sottopopolazioni neuronali, sia ventrali che dorsali.
Machine learning e ingegneria biomedica: il framework Augur
In questa fase, gli scienziati hanno sviluppato e validato il concetto di “cell type prioritization“: le cellule maggiormente colpite da una perturbazione sperimentale diventano più separabili e distinguibili in uno spazio multidimensionale, come quello di trascrizione genica, rispetto a quelle meno coinvolte dallo stimolo. Per misurare questa perturbabilità è stato usato un processo che gli ideatori hanno denominato “Augur”. Sfruttando tecniche di machine learning, Augur funziona come una bussola per le popolazioni neuronali più sensibili alle perturbazioni.
Per caratterizzare questa risposta, è stata messa a punto una funzione chiamata “Magellan”. Questa sfrutta la trascrittomica spaziale, una tecnica di frontiera che assegna i tipi cellulari alle loro posizioni istologiche valutandone l’RNA messaggero.
L’applicazione di Augur e Magellan al midollo dei topi ha computato una classe di interneuroni eccitatori come responsabili della neurorigenerazione midollare mediata da EES Rehab. Questi neuroni, detti V2a, si originano da un cluster coinvolto in diversi aspetti del controllo motorio. Inoltre, la risposta maggiore si ha nella regione della lamina intermedia del midollo, che coincide con la regione coinvolta nel recupero del movimento.
Per saperne di più: la cartografia della deambulazione.
- Abbiamo parlato machine learning applicato al mondo biomedicale anche qui.
V2a: i neuroni che ripristinano il movimento
Come ultima istanza, gli scienziati hanno dimostrato, mediante una tecnica optogenetica, che questi neuroni sono necessari a ripristinare la deambulazione dopo un infortunio paralizzante. Hanno implementato l’impianto in modo che dei microLEDs modulassero la stimolazione elettrica, e quindi osservato come l’attivazione e l’inibizione optogenetica si riflettesse nella capacità di camminare.
Conclusioni e sviluppi futuri
Con questo risultato, la ricerca sancisce che ci sono dei circuiti neurali capaci di ripristinare il movimento dopo un infortunio spinale e individua questa classe neuronale.
Altre sottopopolazioni neurali prendono parte in questo fenomeno. Comprendere come ogni sottopopolazione contribuisca alla complessità di questo processo neuromotorio decisamente complesso resta una sfida aperta nel panorama delle neuroscienze della stimolazione elettrica.