Insulina intelligente: la scoperta italiana che potrebbe evitare le ipoglicemie
Il diabete di tipo 1 è una malattia metabolica cronica che, pur non essendo curabile, è controllabile. Per abbassare la glicemia nei soggetti diabetici senza provocare crisi ipoglicemizzanti, il reparto di endocrinologia del Policlinico San Martino di Genova e il Laboratorio di Nanotecnologie per la Medicina di Precisione dell’IIT in collaborazione con l’Università di Stanford, hanno creato l’insulina “intelligente”. Questo sistema è costituito da granuli di insulina ingegnerizzati inseriti in una matrice porosa microscopica, capace di funzionare in modo indipendente rispetto allo stile di vita del paziente.
Com’è nata l’idea
Il pancreas è una ghiandola contenente gruppi di cellule costituite dalle cosiddette cellule β, che producono l’ormone insulina e lo rilasciano direttamente nel sangue. L’insulina è coinvolta nel metabolismo del glucosio, dei grassi e delle proteine. Pertanto un’errata regolazione dell’insulina può comportare l’insorgere del diabete che, a sua volta, può causare patologie cardiovascolari, retinopatia e nefropatia – se non trattato adeguatamente.
Come racconta Angelo De Pascale, diabetologo del Policlinico genovese, l’idea è nata tre anni fa quando, leggendo una serie di articoli di una rivista americana, è venuto a conoscenza dell’intenzione di alcuni ricercatori di rendere intelligente l’insulina in commercio. Il diabetologo ha intuito che per concretizzare quest’idea fosse necessario l’ausilio delle nanotecnologie. Da qui nasce il coinvolgimento di Paolo Decuzzi, direttore del Laboratorio di Nanotecnologie per la Medicina di Precisione dell’IIT (Figura 1).
Non avevamo mai lavorato sul diabete, quindi abbiamo dovuto prima studiare la patologia.
Paolo Decuzzi, direttore del laboratorio di nanotecnologie dell’IIT
- Per approfondire, abbiamo parlato di diabete anche qui.
La realizzazione delle microparticelle intelligenti INS-μPL
L’insulina intelligente è ottenuta sotto forma di microparticelle complesse.
I due componenti principali delle microparticelle sono:
- La matrice di microparticelle polimeriche – biocompatibile e biodegradabile, in PLGA (acido polilattico-co-glicolico) e che ospita e protegge dalla rapida degradazione l’ormone;
- i granuli di insulina (INS) – che misurano circa 200 nanometri, caricati nelle microparticelle
I granuli sono stati preparati sfruttando la cristallizzazione, un processo biochimico costituito da diversi passaggi consequenziali che richiedono l’utilizzo di alcuni reagenti, come esplicitato in Figura 2a . Dopo l’evaporazione del solvente, gli INS sono stati separati dai reagenti e raccolti mediante centrifugazione, lavati in acqua e conservati a 4°C. Come visibile al microscopio elettronico a scansione in Figura 2b, questi granuli appaiono di forma sferica e con una dimensione caratteristica di circa 200 nm.
I granuli sono stati poi collocati in matrici porose PLGA tramite un processo di stampaggio.
Lo stampaggio consiste, in primo luogo, nella realizzazione di tre sagome“master” di silicio di forma quadrata che sono state replicate utilizzando una miscela contenente PDMS (polidimetilsilossano) e un agente indurente di elastomero siliconico. Successivamente, sulla superficie dei modelli in PDMS è stata messa una soluzione PVA (alcool polivinilico). I film PVA risultanti sono stati poi essiccati a 60 °C.
Infine tali film sono stati caricati con PLGA e INS disciolti in ACN (acetonitrile) per ottenere le microparticelle INS-μPL. Queste ultime sono state raccolte tramite centrifugazione dopo la dissoluzione in acqua dei modelli PVA e conservate a 4 °C (Figura 3).
Gli studi in vivo
Per verificare la funzionalità del sistema, sono stati effettuati dei test in vivo in modello murino all’Università di Stanford. In primis, è stata indotta la patologia in animale usando un farmaco che distrugge le cellule β, la streptozotocina.
I ricercatori hanno poi monitorato i livelli di glicemia nel sangue (i.e., BGL, blood glucose level) per 7 giorni, considerando come valore di riferimento della glicemia non a digiuno un valore maggiore di 350 mg/dL.
Ai topi diabetici è stata somministrata l’insulina intelligente caratterizzata da uno spessore 10 micrometri (10H INS-μPL). I conseguenti livelli di glucosio nel sangue sono stati confrontati con tre gruppi di controllo: topi diabetici non trattati, topi diabetici trattati con insulina convenzionale e topi sani.
Dall’analisi dei dati in vivo è emerso che il BGL riscontrato nel gruppo di topi trattati con film di spessore 10 micrometri (i.e., 10H INS-μPL) e in quello delle cavie trattate unicamente con INS è risultato di gran lunga più basso rispetto a quello dei topi non trattati, raggiungendo i valori tipici che si rilevano nei topi sani. Questo è avvenuto entro due ore dal trattamento (Figura 4).
Gli studiosi hanno anche osservato che i topi trattati con 10H INS-μPL:
- Si sono ritrovati in condizione normoglicemica (cioè BGL non a digiuno < 200 mg/dL) per i primi 7 giorni dall’iniezione delle microparticelle;
- Sono stati valutati in condizione iperglicemica (cioè BGL non a digiuno > 350 mg/dL) al giorno 13.
- Hanno raggiunto i valori di BGL tipici dei topi diabetici non trattati al giorno 21 (Figura 5).
É stata valutata anche la capacità di regolazione di BGL (i.e., blood glucose level) del sistema attraverso un test di tolleranza al glucosio intraperitoneale, consistente nella somministrazione di glucosio nei topi a digiuno a 1, 7, 14 e 21 giorni dopo la deposizione delle microparticelle.
Come mostrato nella Figura 6, il BGL dei topi diabetici trattati, dopo un iniziale aumento, ha raggiunto i valori nella norma (70-200 mg/dL) seguendo lo stesso andamento di quello dei topi sani.
Il controllo glicemico è stato mantenuto per 14 giorni, dopo un picco iniziale di BGL sia al giorno 1 che al giorno 7 post iniezione, per poi scomparire del tutto dopo 21 giorni.
I punti di forza della tecnologia
Una delle caratteristiche più apprezzabili del sistema è la capacità di degradazione dei granuli INS e della matrice μPL. La biodegradazione è stata valutata mediante microscopia a fluorescenza e analisi al microscopio a scansione elettronica. Nonostante le microparticelle siano rimaste abbastanze intatte anche dopo una lunga esposizione alla soluzione fisiologica extraparticellare, sono stati evidenziati dei granuli che hanno risentito dell’ambiente circostante: si tratta degli INS più vicini alla superficie della matrice polimerica, che dunque si degradano e rilasciano insulina. Proprio per questo motivo le INS-μPL si possono considerare come cellule β artificiali.
Grazie alla sperimentazione in vivo è emerso che il rilascio di insulina da 10H INS-μPL funziona nella regolazione di BGL senza provocare ipoglicemia: il sistema è praticamente autonomo nel suo funzionamento. I soggetti diabetici potranno svolgere le loro attività giornaliere e rispettare le loro abitudini alimentari, senza preoccuparsi della presenza all’interno del loro organismo delle microparticelle esaminate.
Conclusioni e prospettive future
Attualmente il team di ricerca è al lavoro per modificare le dimensioni e le proprietà chimico-fisiche delle particelle, in modo da controllare meglio il processo di rilascio e aumentarne il periodo di autonomia. In un prossimo futuro, si ritiene che l’insulina intelligentepossa passare alla sperimentazione clinica su paziente per poi essere commercializzata: questa tecnologia è destinata a migliorare la vita dei pazienti diabetici, che in Italia oggigiorno sono complessivamente circa 5 milioni.