Umidificazione delle vie Aeree
L’umidità e via aerea
Ossigenoterapia “tradizionale”, ossigenoterapia ad alto flusso, ventilazione non invasiva (NIV), ventilazione invasiva. Termini che fino a pochi mesi fa riguardavano in modo esclusivo il mondo dell’ospedale e qualche setting assistenziale per cronici e di cui si discuteva quasi esclusivamente ad eventi di terapia intensiva o pneumologia. Tubo, casco, maschere, occhialini sono improvvisamente diventati termini di discussione generale, di cui si legge sui giornali e di cui si sente parlare opinionisti nelle trasmissioni di intrattenimento televisivo. Noi, come infermieri, siamo chiamati a conoscere le variabili in gioco per “garantire la corretta applicazione delle prescrizioni terapeutiche”1 durante la somministrazione di ossigeno e la ventilazione invasiva (e non). Aldilà delle opzioni ventilatorie e delle scelte cliniche ad esse legate ci sono valutazioni francamente assistenziali che vale la pena ricordare, perché possono influenzare in modo dinamico e continuo la ventilazione stessa: umidificazione dei flussi di gas, aerosol terapia, management delle secrezioni, postura e mobilizzazione dell’assistito, ne sono validi esempi.
L’umidificazione ottimale dei delivery device è certamente una delle variabili determinanti, specie per l’ossigenoterapia ad alto flusso (nasale2 o in maschera3), per la tollerabilità della terapia da parte delle persone sottoposte a NIV4 e per la sicurezza della ventilazione meccanica5.
In condizioni fisiologiche le vie aeree superiori attuano il condizionamento dell’aria inspirata e la filtrazione delle particelle aerodisperse con un diametro >3 mm, e l’aria inspirata viene riscaldata sino alla temperatura corporea (37°C) e umidificata sino al 100% di umidità relativa, condizione ottimale per favorire la funzionalità delle ciglia vibratili e prevenire danni al parenchima polmonare (da disidratazione e raffreddamento)6. In queste condizioni l’aria arriva portando con sé la massima capacità di acqua possibile per quella temperatura (44mg/L in termini di umidità assoluta). Il riscaldamento e l’umidificazione dell’aria respirata in condizioni fisiologiche è operato dalle mucose che rivestono tutte le vie aeree e, in particolar modo, le vie aeree più alte (naso-bocca-faringe). La posizione nelle vie aeree in cui i gas inalati diventano caldi quanto la temperatura corporea e umidificati al massimo per quella temperatura è definita punto di saturazione isotermica (“Isothermal Saturation Boundary” – ISB). In una persona sana l’ISB si verifica tipicamente da 5 a 6 cm al di sotto della carena tracheale, ovvero della biforcazione della trachea nei due bronchi principali7.
In fase espiratoria, le medesime vie aeree provvedono al recupero di umidità e calore con una performance nettamente inferiore a quella mostrata in fase inspiratoria: dal differenziale tra questi due momenti deriva una perdita netta di umidità e calore che contribuisce per larga parte al fenomeno conosciuto come perspiratio insensibilis.
Per capire i termini utilizzati, occorre fare un breve approfondimento rispetto alla descrizione della presenza dell’acqua nella miscela di gas respiratori: l’umidità assoluta e relativa (tabella 1).
In condizioni non patologiche in ogni atto respiratorio, grazie al lavoro dei muscoli ad esso deputati, l’aria ambiente umida viene immessa nelle vie aeree, ulteriormente umidificata e riscaldata da mucose e parenchima polmonare. L’umidificazione delle vie aeree “di trasporto” è fondamentale per il mantenimento della corretta densità del muco. A livello dell’interfaccia alveolo/capillare e grazie all’ambiente umido in cui si svolgono i processi biochimici e fisici, la miscela di aria viene depauperata di ossigeno e arricchita di anidride carbonica. Nel percorso di espirazione, infine, è raffreddata e disidratata, anche se solo parzialmente. Il sistema funziona in omeostasi con tutti gli altri sistemi permettendo la vita degli organismi complessi.
Perché umidificare?
La somministrazione di ossigeno (a basso o alto flusso) ed il supporto ventilatorio producono modificazione o bypass di una o più parti del sistema respiratorio, con la conseguente alterazione dell’umidificazione dell’aria che arriva al polmone. In base ai sistemi utilizzati per supportare ossigenazione e ventilazione, si modifica anche la fonte d’aria (e ossigeno) utilizzata. Alcuni sistemi si basano sull’aria ambiente che respiriamo abitualmente che, nel clima continentale, presenta una umidità relativa media tra il 60% e il 90% (sistemi respiratori a basso flusso, venturimetri). Occorre pertanto considerare che l’aria dei reparti ospedalieri è spesso condizionata a temperatura controllata con livelli di umidità più bassi di quelli esterni, per ridurre l’effetto condensa su vetri e superfici. Molti altri sistemi utilizzano i gas medicali forniti dai sistemi di distribuzione ospedalieri, gas secchi a umidità assoluta pari a zero. In base alla tipologia di fonte utilizzata, quindi, varia anche la necessità di umidificazione dei sistemi.
Nell’assistito critico, molti fattori possono aumentare i rischi di disfunzione del trasporto del muco. Tra questi un fattore fondamentale è l’aria condizionata inspirata artificialmente, con un impatto fisiologico e clinico importante. In questi assistiti molte condizioni cliniche acute e molti farmaci alterano il trasporto muco-ciliare, un importante meccanismo di difesa respiratoria che dipende dall’equilibrio del battito ciliare, del liquido superficiale delle vie aeree (liquido peri-ciliare e muco) e dall’interazione tra ciglia e muco9. Fattori iatrogeni (vie aerea artificiale, tracheo-bronco aspirazione, ventilazione meccanica, sistemi di condizionamento d’aria artificiali, farmaci10) e fattori individuali (abitudine al fumo, età, condizione infiammatoria, ipovolemia, ipoperfusione, gravità della malattia sottostante) possono essere associati a disfunzione del sistema di trasporto mucociliare11.
Fonte
Umidificazione delle vie aeree