Spirometria e valutazione preoperatoria
Un amico di ventilab mi chiesto “spiegazioni circa l’utilita’, l’interpretazione e l’indicazione ad eseguire le prove di funzionalita’ respiratoria per quanto concerne la gestione del paziente con malattia del paranchima polmonare e/o della gabbia toracica in sala operatoria.”.
Quando ci troviamo di fronte al referto dei test di funzione polmonare, spesso ci sentiamo un po’ spaesati in selva di numeri e grafici. Ma in realtà il compito è più semplice di quanto si possa pensare.
Il test più frequentemente eseguito è la spirometria forzata. Il paziente deve “inspirare più che può“, cioè compiere un’inspirazione massimale a capacità polmonare totale, e quindi espirare il più forte e velocemente possibile per svuotare completamente i polmoni, cioè arrivare a volume residuo. Con questa manovra misuriamo due valori importanti nella pratica clinica: il volume totale che il paziente è riuscito ad espirare è la capacità vitale forzata (indicata come FVC, forced vital capacity), mentre il volume esalato nel primo secondo di espirazione prende il nome di FEV1 (forced expiratory volume in one second) (1).
Un soggetto normale riesce ad espirare nel primo secondo circa il 80% del volume totale, quindi il rapporto FEV1/FVC è circa 80%. Nelle malattie ostruttive (come la broncopneumopatia cronica ostruttiva, BPCO) il flusso espiratorio si riduce e quindi nel primo secondo si riesce ad espirare meno del 70% del volume totale. Ne consegue che il rapporto FEV1/FVC è inferiore al 70%, requisito indispensabile per fare diagnosi di BPCO. Per altri approfondimenti vedi il post del 10 giugno. Nelle malattie restrittive (es. fibrosi polmonare, cifoscoliosi, ecc.) invece è ridotta la FVC con un FEV1/FVC aumentato (>85-90%) (2).
Ma è necessario sapere se il paziente ha una malattia polmonare evidenziata dalla spirometria? Di norma la risposta è NO, a meno che non debba essere sottoposto ad una resezione polmonare. Infatti l’utilizzo routinario della spirometria preoperatoria non è raccomandato (3). Tuttavia, sappiamo che nei pazienti anziani con patologie ostruttive o restrittive gravi il rischio perioperatorio è aumentato (4). In questi casi la valutazione della spirometria può migliorare la valutazione del rischio operatorio, elemento utile nei casi in cui sia opportuna una ponderata valutazione rischi/benefici dell’intervento. Inoltre la spirometria può essere utile per selezionare i pazienti che meritano una gestione perioperatoria con l’aumento della terapia broncodilatatrice e con la fisioterapia respiratoria (3).
Diverso è il caso dei pazienti sottoposti a resezione polmonare. In questi il valore di FEV1 dopo broncodilatatore consente di individuare chi può essere sottoposto a pneumonectomia (FEV1 > 2 litri) e chi a lobectomia (FEV1 > 1.5 litri) con basso rischio perioperatorio (5). Qualora il FEV1 sia inferiore rispetto a tali valori, è opportuno ricorrere a valutazioni aggiuntive come la diffusione del CO (DLCO), la stima di FEV1 e DLCO postoperatori, il massimo consumo di O2 sotto sforzo (5-7).
Nella mia pratica quotidiana non richiedo la spirometria preoperatoria in pazienti che debbano essere sottoposti ad interventi indispensabili perchè non penso modifichi la mia condotta anestesiologica. Ritengo invece possa che la spirometria possa aiutare il paziente a valutare correttamente il rischio operatorio quando è candidato ad interventi non indispensabili.
Fonte : http://www.ventilab.it/2010/09/spirometria-e-valutazione-preoperatoria.html