Che cos’è la distrofia miotonica
La patologia è caratterizzata da un quadro clinico variabile e da un decorso lentamente progressivo, anche se sono stati osservati casi di deterioramento rapido. Colpisce i muscoli volontari ovverosia colpisce la capacità di rilassarli in modo volontario.
Raramente, in caso di diabete mellito di tipo 1 , possono essere interessati anche i muscoli involontari del tratto gastrointestinale e dell’utero con manifestazioni cliniche di disfagia , stipsi e problemi durante il travaglio e il parto.
Oltre ad essere caratterizzata da debolezza e atrofia dei muscoli con perdita di massa muscolare e con associata miotonia (difficoltà a rilasciarli dopo averli contratti), la malattia è anche multisistemica interessando altri organi. Sono coinvolti il cuore, l’apparato respiratorio, gli occhi, le ghiandole sessuali, il sistema endocrino e quello nervoso centrale.
Dopo la distrofia muscolare di Duchenne, più nota, quella miotonica è la seconda forma più diffusa. La prevalenza è di circa 1 caso ogni 8000 persone. È una malattia autosomica dominante, che si trasmette ai figli, indipendentemente dal sesso, da un solo genitore colpito. La probabilità di ereditare il gene difettoso è del 50%. Eziologicamente, le alterazioni distrofiche sono a carico di uno o più geni e, come si evidenza dai campioni bioptici, si manifestano con necrosi e rigenerazione delle fibre muscolari.
Diagnosi e sintomi di distrofia miotonica
Si può sospettare la malattia in base all’osservazione clinica e all’anamnesi familiare ma la diagnosi può essere confermata dall’elettromiografia e, se prenatale, dall’analisi genetica.
Il sintomo principale è la miotonia che è funzionalmente limitante: consiste in un ritardato rilassamento del muscolo dopo la contrazione, che può essere asintomatico oppure descritto come rigidità muscolare. La debolezza generalizzata, che disabilita il paziente, si associa ad un deperimento dei muscoli degli arti distali, soprattutto nella mano e dei muscoli facciali con insorgenza di ptosi ossia la caduta delle palpebre.
Le persone affette dalla distrofia miotonica hanno difficoltà ad aprire gli occhi dopo averli chiusi o a posare un oggetto dopo averlo afferrato. Si possono manifestare aritmie, ossia irregolarità del battito cardiaco, cardiomiopatie e disturbi della conduzione come blocchi atrio-ventricolari che possono portare all’arresto cardiaco .
Può comparire una riduzione progressiva della capacità vitale, cioè la quantità di aria emessa dopo un’inspirazione forzata con conseguente necessità di ventilazione meccanica non invasiva. Possono insorgere cataratta , infertilità con testicoli piccoli, diabete e ipotiroidismo , nonché ritardo cognitivo e disturbi del comportamento.
La prognosi non è buona , le aspettative di vita sono limitate dall’alta mortalità associata alle complicanze cardiache e polmonari. L’età media alla morte è di 54 anni. Il rischio di morte prematura è maggiore se la grave debolezza muscolare e le aritmie cardiache compaiono in età precoce.
Forme di distrofia miotonica
Esistono due forme miotoniche, con sintomi simili ma caratteristiche cliniche distintive con una diversa distribuzione della debolezza muscolare:
il tipo 1 , la più frequente (circa il 98% dei casi) nota anche come malattia di Steinert individuata nel 1909
il tipo 2 (malattia di Ricker) detta Proximal Myotonic Myopathy (PROMM)
A seconda del tipo e dell’età di insorgenza, la forma congenita e quella infantile sono gravi. La gravità è minore nella forma giovanile-preadolescenziale e nell’adulto. La forma meno grave è quella tardiva.
La DM 1 è la forma più grave
Interessa principalmente i muscoli distali, assiali, facciali, faringei e respiratori. Colpisce tipicamente gli arti (avambraccio, mano, gamba, piede) e il volto. Esordisce comunemente tra i 15 e i 30 anni e presenta una grande variabilità clinica. Può essere congenita e grave oppure lieve e quasi asintomatica nel corso della vita.
Solitamente la malattia è tanto più grave quanto più si manifesta precocemente. La complicanza maggiore è l’aritmia che può essere fatale. È causata da un difetto nel gene DMPK (myotonic dystrophy protein kinase) sul cromosoma 19 in cui si verifica una ripetizione anomala della tripletta nucleotidica CTG del DNA.
Questa forma è caratterizzata da anticipazione, ossia la malattia tende ad aggravarsi e a manifestarsi più precocemente nelle generazioni future di una famiglia. Le forme neonatali sono le più gravi. L’ipotonia se è già è evidente alla nascita è definita floppy infant e si associa a deformità scheletriche, debolezza facciale, ritardi dello sviluppo psicomotorio, difficoltà respiratorie e nell’alimentazione. Il 40% dei bambini colpiti non sopravvive, la mortalità è dovuta ad insufficienza respiratoria . Il restante 60% presenta disabilità intellettiva e pericolose aritmie.
DM 2
La DM 2 , identificata soltanto nel 1994, colpisce invece i muscoli prossimali, ossia quelli vicino al tronco. La debolezza è più evidente nella coscia, nei flessori dell’anca, nella nuca, nelle braccia e nella spalla che diventano deboli e atrofici. Si accompagna a tremori ed ipertrofia dei polpacci.
È caratteristica l’ipotrofia asimmetrica. Esordisce più tardivamente, attorno ai 40 anni, e la sua gravità non è correlata alla precocità del suo esordio. Non è congenita. È causata da una mutazione del gene CNBP/ZNF9 (Zinc Finger Protein 9) sul cromosoma 3 in cui si verifica la ripetizione di quattro nucleotidi.
Il fenomeno dell’anticipazione è meno significativo. L’aspettativa di vita può essere anche normale. Considerando che questa forma si presenta in fenotipi insoliti e in modo atipico con sintomi diversi dal tipo 1, si ritiene che sia verosimilmente sottostimata. I sintomi più manifesti – oltre ai dolori muscolari, alla debolezza e alla faticabilità – sono nistagmo, disfagia e dolore addominale.
Nonostante le somiglianze cliniche e genetiche, la distrofia miotonica di tipo 1 e di tipo 2 sono disturbi distinti che richiederebbero differenti strategie diagnostiche e terapeutiche. La ricerca scientifica è ancora in corso .
Non esiste attualmente una cura
La presa in carico comprende un follow up annuale multidisciplinare. Oltre al supporto psicologico e la terapia cognitiva comportamentale, per migliorare la qualità di vita possono essere associate varie terapie (cardiologiche, endocrinologiche, respiratorie, fisiatriche, ortopediche) in base agli organi e ai muscoli colpiti.
Sono fondamentali soprattutto regolari controlli cardiologici per cogliere in tempo l’insorgenza di disturbi del ritmo cardiaco prevendendo così la morte improvvisa mediante l’impianto di pacemaker o defibrillatori .
La miotonia può essere alleviata con la somministrazione di farmaci miorilassanti o stabilizzatori di membrana come carbamazepina, fenitoina e mexiletina, che risulta il farmaco di prima scelta dopo attenta valutazione cardiologica soprattutto se l’ECG è anomalo. Tuttavia, non esiste alcun trattamento per la debolezza muscolare, pertanto il sintomo rende disabili.
Per migliorare l’eccessiva sonnolenza diurna di cui soffrono i soggetti colpiti dalla malattia, può essere presa in considerazione la ventilazione non invasiva per favorire un adeguato riposo notturno. La cataratta può essere rimossa con l’intervento chirurgico.